Pubblicato: Domenica, 11 Agosto 2024 - Flavia Santangeli

Ricordo del grande sindacalista

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L’11 agosto 1892 nasceva Giuseppe Di Vittorio, sindacalista, politico e antifascista italiano, a cui è stata intitolata la piazza principale dei Campi d’Annibale a Rocca di Papa, come anche in molte altre città d’Italia.

Di Vittorio è stato uno dei più importanti sindacalisti del secondo dopoguerra italiano; fondatore e segretario generale della CGIL fino alla morte, mentre a livello internazionale ricoprì la carica di presidente della Federazione Sindacale Mondiale.

Nacque a Cerignola, in provincia di Foggia, già negli anni dell’adolescenza iniziò un'intensa attività politica e sindacale. A quindici anni fu tra i promotori del Circolo giovanile socialista di Cerignola, mentre a diciannove anni, passò a dirigere la Camera del Lavoro di Minervino Murge. In seguito diresse anche la Camera del Lavoro di Bari, dove organizzò la difesa della sede dell'associazione, sconfiggendo gli squadristi fascisti di Caradonna insieme ad ex ufficiali legionari di Fiume, socialisti, comunisti, anarchici e Arditi del Popolo.

Nel 1924 Di Vittorio aderì al Partito Comunista d'Italia, dove rimarrà per tutta la vita. Con l’avvento del Fascismo in Italia e disciolti tutti i partiti e i sindacati, venne condannato dal tribunale speciale fascista a dodici anni di carcere, nel 1925 riuscì a fuggire in Francia dove aveva rappresentato la disciolta Confederazione Generale del Lavoro nell’Internazionale dei sindacati rossi.

Pochi giorni dopo la promulgazione della prima delle norme che escludevano gli ebrei dalle scuole, Di Vittorio elevò alto e forte il suo grido di sdegno. Il sindacalista, in quegli anni esule a Parigi, fu uno dei primi a denunciare la politica razzista del fascismo e la persecuzione contro gli ebrei in due articoli pubblicati nel settembre 1938 sul giornale La voce degli italiani.

Dal 1944, fino alla sua morte, Di Vittorio ricoprì la carica di segretario generale della Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori; nel 1946 fu eletto deputato all’Assemblea Costituente con il PCI.

Il pensiero sindacale di Di Vittorio conserva tratti di attualità per ciò che concerne molti aspetti: l’attenzione ai diritti dei lavoratori intesi come grandi momenti di emancipazione dell’individuo attraverso i soggetti collettivi della rappresentanza; l’unità del sindacato come condizione indispensabile per la quale battersi e impegnarsi costantemente in quanto precondizione dello sviluppo di tutto il Paese, di un interesse generale; e infine, il valore dell’autonomia del sindacato. Senza contare il suo impegno nella stesura della Carta costituzionale, ancora oggi tra le più avanzate al mondo in materia di riconoscimento e di garanzia dei diritti sociali.

Di Vittorio morì a Lecco, dove si era recato con la moglie Anita per inaugurare la nuova sede della Camera del Lavoro locale. Il viaggio della salma è indimenticabile. Nel viaggio del treno che da Lecco riportò il feretro a Roma, ogni stazione intermedia si trasformò in una pubblica camera ardente con migliaia di persone che accorrevano per porgere l’ultimo saluto a Peppino.

A tal proposito, così scriveva lo scrittore Pier Paolo Pasolini: “Tutto pare come sospeso, rimandato: anche io mi ritrovo solo con gli occhi, e come senza cuore, in pura attesa. Ma intanto attraverso gli occhi, il cuore si riempie. Non ho mai visto gente così, a Roma. Mi sembra di essere in un’altra città.“

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Alla sua vita è stata dedicata la fiction Pane e Libertà, trasmessa nel 2009 su Raiuno, che ha visto protagonisti il regista Alberto Negrin e l’attore Pierfrancesco Favino nei panni del sindacalista pugliese.

Oggi ricordiamo un grande antifascista, un padre della Repubblica, eletto deputato all’Assemblea Costituente. Ma soprattutto un grande sindacalista e un uomo amato e rispettato, nel quale il popolo italiano ripose le sue speranze di una vita e di un mondo migliore.


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