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ACCADDE OGGI – Nasceva ad Omegna, il 23 ottobre del 1920, uno straordinario amico dei giovani
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La Fiaba per parlare del mondo. L’immaginazione, ma anche la logica. La parola come via di liberazione. Il dialogo con l’infanzia passando per il tetto, arrivando dal cielo o da luoghi mai banali. Le immagini, le cose che animano la quotidianità.
Gianni Rodari considerava il bambino un gradino sopra gli altri. Per questo dava sfoggio di un linguaggio che facesse soprattutto crescere i suoi piccoli interlocutori, salendo su altitudini e visioni differenti.
La narrativa per l’infanzia albergava dentro questo scrittore, pedagogista e poeta italiano, nato ad Omegna il 23 ottobre 1920 e morto a Roma il 14 aprile 1980. Rodari fu interprete eccezionale del “mondo fantastico” che si impiastrava di inchiostro tra racconti e filastrocche. Un rivoluzionario della letteratura che fece della semplicità il veicolo rapido per sostenere i bambini a conoscere il mondo per quello che era. Aveva amato più Verne che Salgari. E forse ne era stato influenzato.
Dal lago d’Orta alla conquista del globo terrestre, Rodari giunge ai suoi risultati anche attraverso il proprio percorso di vita. Bambino sensibile, presto orfano di padre, non aveva facilità a stringere amicizia con i suoi coetanei. Entrato in un seminario di Seveso, si iscrive alle magistrali e si diploma. In questi anni nasce la sua passione per la musica, il violino, la letteratura. Si nutre di pensieri e trova una sua coscienza. Nel 1935 milita nell’Azione Cattolica. Dopo l’attività di maestro, precettore in una famiglia di ebrei tedeschi, si iscrive alla Facoltà di Lingue all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano che abbandona, senza laurearsi, per assumere i primi incarichi di supplente. Entra così in contatto diretto con l’universo dell’infanzia.
Esonerato dal servizio militare per motivi di salute, perde, nel corso della seconda guerra mondiale, amici cari e il fratello Cesare dopo un periodo di internamento in un campo di concentramento. Si iscrive al Partito Comunista Italiano, e, dopo la Liberazione, inizia la sua carriera giornalistica all’Ordine Nuovo. Sotto lo pseudonimo di Francesco Aricocchi pubblica i primi racconti e nel 1950, a Roma, fonda ‘Il Pioniere’, all’interno del quale viene proposto agli adolescenti un modo di essere consapevoli dei temi sociali.
Tuttavia una strada è stata individuata e le sue filastrocche, negli anni, stimolano appieno la fantasia del lettore, trovando la sintesi tra immaginazione e interpretazione di un mondo da migliorare. Nel 1970, unico in Italia, vince il premio Andersen, ovvero il Piccolo Premio Nobel della narrativa per l’infanzia. Tre anni dopo è la volta de La Grammatica della Fantasia: introduzione all’arte di creare storie, 45 capitoli indirizzati a insegnanti e genitori, dove sono finalmente illustrati i suoi studi di letteratura fantastica ed emergono le potenzialità pedagogiche dell’errore. E’ un momento di riflessione per superare la muraglia dell’abitudine didattica e riconoscere il ruolo fondamentale della creatività all'interno del processo educativo.
Per arrivare ai bambini è essenziale, per Rodari, dialogare con i genitori, le cui preoccupazioni, secondo l’autore, possono influenzare la crescita dei figli. Anche per questo, nel 1977, dirige il Giornale dei genitori. Ancora in piena attività, nel 1980 viene ricoverato a Roma, per problemi circolatori. Muore il 14 aprile per un collasso cardiaco.
Resta un esempio per gli insegnanti, i genitori e per quanti siano interessati a far crescere i bambini con il sano gusto della lettura. Già, la lettura: quel vizio meraviglioso che inizia quando i bimbi vanno a letto e i genitori prendono un libro e raccontano una storia. Oggi si fa meno o si fa poco. Un’operazione fondamentale, però, secondo Rodari, non tanto per il bambino quanto per gli adulti che perdono questo momento di dialogo e di comunicazione che si anima nell'immaginazione: un bene primario e assoluto.
Leggere Rodari serve quindi recuperare un percorso educativo che abbraccia ogni rapporto sociale integenerazionale. Lì dove questi intrecci si sono persi, le sue storie servono ancora di più. Sono ancora un antidoto contro l'isolamento, l'incomprensione e la solitudine.
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ROMA (attualità) - La rubrica dei santi celebrati dalla Chiesa
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Giovanni era nato a Capestrano, vicino all'Aquila, nel 1386, da un barone tedesco, ma da madre abruzzese. Studente a Perugia, si laureò e divenne ottimo giurista, tanto che Ladislao di Durazzo lo fece governatore di quella città.
Ma caduto prigioniero, decise di farsi francescano, diventando amico di san Bernardino e difendendolo quando, a causa della devozione del Nome di Gesù, venne accusato d'eresia.
Anch'egli così prese come emblema il monogramma bernardiniano di Cristo Re. Il Papa lo inviò suo legato in Austria, in Baviera, in Polonia, dove si allargava sempre di più la piaga degli Ussiti. In Terra Santa promosse l'unione degli Armeni con Roma. Aveva settant'anni, nel 1456, quando si trovò alla battaglia di Belgrado investita dai Turchi. Per undici giorni e undici notti non abbandonò mai il campo. Ma tre mesi dopo, il 23 ottobre, Giovanni moriva a Villaco in Austria (oggi Ilok, in Croazia). È stato canonizzato da papa Alessandro VII il 16 ottobre 1690. Nel 1984 il Papa san Giovanni Paolo II lo ha proclamato patrono dei cappellani militari di tutto il mondo.
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ROCCA DI PAPA (politica) - Almeno due gli esponenti della maggioranza a muovere i fili per una possibile sfiducia. Per quale motivo?
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Sarebbero almeno due gli esponenti della maggioranza pronti a staccare la spina alla sindaca Veronica Cimino e a mandare a casa questa Amministrazione comunale a 25 mesi dalla sua elezione.
Una fronda interna che avrebbe messo nel mirino la prima cittadina ritenuta poco incisiva e troppo dipendente da soggetti esterni alla maggioranza strettamente detta. Motivi sufficienti per creare malcontento e per portare ad un rischio rottura che secondo i beninformati - sempre loro - è davvero possibile.
E la sindaca? Veronica Cimino conosce bene le regole del gioco e sa altrettanto bene che ha ancora meno di cinque mesi per dimettersi (o cadere) entro la metà del mandato e per ripresentarsi comunque alle prossime elezioni Comunali, in primavera.
Una opzione questa che la sindaca "civica" - che al suo interno ha vari pezzi di vari partiti di centrodestra e centrosinistra - starebbe plaubilmente valutando.
Ma, sfogliando la margherita, quale potrebbe essere la sponda politica che fa gola alla Cimino e quale la sponda politica alla quale fa gola la Cimino? Tutti gli indizi portano ad una parte politica da anni in cerca di un candidato credibile: una parte politica che, soprattutto in questo momento storico, non disdegnerebbe puntare anche a livello locale su una donna. Attendere per capire meglio, prego.
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