ROMA (storia & medaglie) - Nel 1517 il monaco agostiniano, padre della Riforma e del protestantesimo, si fece interpete di un diffuso malessere
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Non è certo un cielo sereno quello nel quale, nell'autunno 1517, un monaco agostiniano insofferente di una Santa romana Chiesa divorata dalla corruzione, dalla simonia e dal nepotismo, lancia un fulmine destinato a spaccare un'unità della cristianità che era stata già dilaniata dal grande Scisma d'Oriente, poco meno di 5 secoli prima.
E' piuttosto un cielo nel quale da secoli ormai si addensano nubi e si scagliano fulmini e se Martin Lutero, monaco tedesco, è destinato a passare alla storia come il padre della Riforma, tanti prima e dopo di lui tentarono - per lo più invano - di richiamare all'ordine la Chiesa di Roma.
Una Chiesa interprete più di un potere temporale che di un ruolo di guida spirituale al quale invece milioni di fedeli e di religiosi provarono a richiamarla. Una Chiesa che era da poco uscita da un ripugnante XV secolo, che viveva degli sconti tra famiglie e potentati impegnati ad assicurarsi potere e territori e nella quale, da decenni, gli appelli alla convocazione di un Concilio di riforma erano tutti caduti nel vuoto.
E d'altra parte a Roma grande era il timore di una assise in grado di riunire le anime cristiane col rischio, per il Papa, di perdere potere a tutto vantaggio del Concilio stesso. Il re assoluto, insomma, temeva che - al di là delle questioni dottrinali ed ancor più morali - la grande assemblea potesse arrivare a metterne in dubbio l'autorità indiscussa. E così nessun Pontefice era stato in grado di mettere veramente mano alla Riforma della Chiesa tanto che i risultati dei più recenti Concili, dal Lateranense V (convocato da Papa Giulio II nel 1512 come reazione al "Conciliabolo di Pisa) ai meno recenti Concili di Basilea, Ferrara e Firenze (1431-1445) e di Costanza (1414-1418) erano serviti più a mettere paura al Papa nel timore che l'assemblea stessa ed i vescovi potessero minarne l'autorità, che a garantire una reale ripartenza della Chiesa sui valori cristiani originari.
Quando il 31 ottobre 1517 Martin Lutero al culmine della sua crisi religiosa affige le 95 tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg, l'onda che ne viene è uno tsunami. Lento ma inesorabile.
La Riforma luterana fonda le sue tesi su 4 direttrici principali. Punto primo, teologicamente più rilevante, è che la salvezza (e la giustificazione, ovvero l'essere giusti agli occhi di Dio) si ottiene solo per fede (Sola fide). E' un punto dirompente, perché di fatto rende inutile l'opera della Chiesa e la funzione dei sacramenti che, difatti, nella nuova Chiesa riformata restano solo due. Il battesimo e l'eucarestia.
Il secondo punto è che l'unica autorità religiosa è la Sacra Scrittura, la Bibbia. Anche su questo elemento il potere esplosivo è enorme perché Lutero sostiene che non occorra l'intermediazione dei sacerdoti per la lettura e l'interpretazione della Bibbia. E di fatti mentre a Roma ci si interroga su quale edizione dell'Antico Testamento considerare la vera parola di Dio, lo stesso Lutero nel 1521 dal rifugio nella fortezza del Wartburg (in Turingia, nei pressi della città di Eisenach, per qualche decennio nella Germania Est) pubblica l'edizione in lingua tedesca delle Scritture, ad uso e consumo di tutti i fedeli.
Il terzo punto, completa il primo. Lutero sostiene che la salvezza è un dono gratuito di Dio e non può essere gaudagnata dall'uomo. La funzione della Chiesa come collettore di azioni e di carità perde ogni rilevanza (Sola gratia).
Il quarto punto è quello che potrebbe essere definito come "sacerdozio universale". Ogni credente può avere accesso alle Scritture e, attraverso la fede, alla salvezza per esclusiva grazia di Dio. Sacerdoti e gerarchie ecclesiastiche non occorrono. Non servono neanche i santi.
L'effetto delle tesi luterane è dirompente ed in Germania, dove pure risiede l'imperatore del Sacro Romano Impero, e le nuove dottrine dilagano a macchia d'olio in un territorio che già da tempo si sentiva lontano dal centralismo romano. Dopo lo strappo luterano, in altri paesi compaiono evoluzioni della dottrina turingia: nel 1546 in Svizzera compare il calvinismo, nel 1534 in Inghilterra ecco l'anglicanesimo, generato da una "questione personale" ma da quel momento mai ricomposto. Re Enrico VIII, già più volte convolato a nozze, nel 1533 sposa Anna Bolena suscitando le ire di Papa Clemente VII che lo scomunica. In tutta risposta il re inglese fonda nel 1534 la Chiesa anglicana al capo della quale pone - com'è tuttora - il sovrano stesso.
Il termine "protestante" compare nel 1529 in occasione della Dieta di Spira, convocata dall'imperatore Carlo V nel tentativo (vano) di risolvere le tensioni religiose sorte in quegli anni. In quella occasione i principi cattolici (circa la metà del luterani) confermano gli esiti dell'Editto di Worms col quale nel 1521 lo stesso Carlo V aveva scomunicato, su indicazione del nunzio apostolico, Martin Lutero: per risposta i principi riformati "protestano" contro il potere imperiale guadagnandosi dunque l'appellativo di "protestanti".
La Chiesa reagisce, lentamente ma reagisce. Nel 1545 finalmente dopo un lunghissimo dibattito interno e con l'opposizione di pontefici e di parte della Curia, Papa Paolo III (Farnese) convoca il Concilio di Trento. La scelta cade sulla città tridentina perché, all'epoca compresa nell'impero asburgico, è vicina alla cultura tedesca. Partito in sordina ed apparentemente destinato al fallimento, il Concilio di Trento di trascina sino al 1563 centrando, seppur con effetti lunghi dal trasformarsi in azioni concrete, i propri obiettivi minimi ed indicando la strada della Chiesa di Roma per i secoli successivi.
Obiettivi in fatto di dottrina, di morale, di reazione alla Riforma e di rafforzamento dell'autorità della Chiesa romana e del Papa.
LE MEDAGLIE - Abbiamo scelto due medaglie che rappresentano, non senza curiosità, la Riforma luterana nel corso dei secoli. Se dopo il 1517 le distanze sono destinate a non ricomporsi più, i cristiani non cattolici - tolti gli ortodossi - si ramificano in mille confessioni che derivano tutte dallo strappo operato da Martin Lutero.
La prima medaglia è quella, particolarmente originale, in gesso colorato. Pezzo non raro, non di particolare valore ma di grande fascino senza dubbio.
Al dritto la medaglia rappresenta proprio il monaco tedesco Martin Lutero, rivolto a sinistra, col classico copricapo con cui viene normalmente rappresentato. Su sfondo dorato la scritta circolare: "In silencio et spe erit fortitudo vestram", ovvero, nel silenzio e nella speranza sarà la vostra forza.
La medaglia ha un diametro di 100 mm ed un peso di 157 grammi. Decisamente bella.
Al rovescio la fortezza di Wartburg da dove Lutero tradusse in tedesco la Bibbia, nel territorio di Eisenbach. Curiosità vuole che nelle stesse zone ebbe i natali il famoso musicista Johann Sebastian Bach. Nella scritta dorata intorno al bordo del rovescio "Lutherischer Weltbund 1952", Unione internazionale luterana.
Non meno interessante anche la piccola medaglia, in argento, emessa nel 1817 in occasione del 300 anniversario della Riforma luterana.
Con un diametro di 26 mm ed un peso di 4,6 grammi, la medaglia ha l'aspetto di una moneta.
Su una faccia l'iscrizione intorno al bordo: "La Libera città di Francoforte unisce i cristiani", al centro "Un Signore, una fede, un battesimo, un Dio e padre di tutti".
Sull'altra faccia, intorno al bordo: "Il nostro Dio è una fortezza" ed al centro "300° anniversario della Riforma 1817". Un piccolo ma molto significativo conio vecchio di oltre 2 secoli.