VICENDE - Le figure di padre Alvarez e padre Basilisco (e madre Tecla) nei bombardamenti di Frascati e Grottaferrata

Pubblicato: Sabato, 24 Febbraio 2024 - redazione attualità

padre alvarez frascati ilmamilioFRASCATI (attualità) - La loro opera e la loro testimonianza resta scolpita nelle pietre della comunità tuscolana

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di Valentino Marcon

   Ora che si è spenta anche l’ultima eco sull’80° anniversario del bombardamento di Frascati, si può tornare a riflettere su figure e avvenimenti talvolta enfatizzati o, in alternativa, accantonati come avviene spesso nelle ‘celebrazioni’ ufficiali, quando invece fatti e figure vanno inquadrati nella loro specifica poliedrica dimensione.

Tra i testimoni da riprendere in considerazione ci sono i due preti claretiani, Alvarez e Basilisco, le cui autentiche biografie vengono per lo più ignorate. E’ quindi necessario supplire ad alcune di queste ‘dimenticanze’ aggiungendo particolari inediti e sfatando anche certe leggende propagatesi successivamente.

    La data dell’8 settembre 1943 – dopo la firma dell’armistizio a Cassibile – ricorda, come è noto, una giornata tragica per Frascati, quando, intorno a mezzogiorno, un centinaio di bombardieri ‘alleati’ riversò sulla cittadina tonnellate di bombe, tanto da distruggere l’80 per cento delle abitazioni e ammazzare oltre 500 persone nonché un numero imprecisato – forse duecento - di militari tedeschi di stanza nel territorio, mentre si mise in salvo completamente lo ‘stato maggiore’, cioè il Comando per il Sud d’Italia, del maresciallo Kesselring che potrà repentinamente riorganizzarsi, in quanto  lo ‘sbarco’ alleato ritardava. A Frascati era ubicato anche il comando della seconda flotta aerea.

    Nelle ore successive, tra i lamenti dei feriti e le grida degli scampati, pochi volenterosi si misero a portare soccorso, curare feriti, recuperare salme.  Particolarmente significativa fu l’opera dei soccorritori soprattutto appartenenti al clero regolare e secolare, e tra tutti le ben note figure dei padri Giuseppe Alvarez (Jose Alvarez Laso, messicano) e Bruno Basilisco, friulano.

I due appartenevano all’Ordine dei Missionari figli del S. Cuore immacolato di Maria fondato dallo spagnolo Antonio Maria Claret y Clarà, da cui la denominazione di claretiani.

Un loro istituto – il ‘Collegio Divin Salvatore’ - era ubicato nella zona detta Erzegovina come allora si chiamava quella parte periferica di Frascati, ma in comune di Monte Porzio, attualmente edificata con alcuni residence all’incrocio della via per Cocciano/Colonna. La denominazione di ‘Erzegovina’ le era stata data in quanto, durante la prima guerra mondiale (1915/18), vi furono concentrati alcuni prigionieri austroungarici. Ma in realtà l’Istituto ‘Divin Salvatore’ era stato fondato dai padri Scolopi su un terreno - con annesso un altro edificio - appartenente ad Augusto Marinucci, Guido Bartoli architetto e Giuseppina Giusti, cittadini romani che glielo assegnarono con la clausola che sul luogo, comprendente anche una piccola vigna, si creasse un istituto di istruzione per bambini e giovanetti eventualmente da avviarsi al sacerdozio o comunque alle arti e mestieri e, in futuro, anche per ospitarvi persone anziane. Qualche anno dopo, non essendo più in grado di gestire la struttura per mancanza di personale, gli Scolopi, tramite una transazione economica, passarono l’Istituto ai Claretiani che ne vennero in possesso il 19 novembre del 1928. Nelle trattative voleva partecipare anche il roccapriorese mons. Giacci desiderando contribuire alle spese di acquisto, ma la Curia e soprattutto il card. Laurenti (monteporziano), allora prefetto della Congregazione per gli Istituti religiosi, rifiutarono tale offerta anche perché Giacci, già vescovo dei Marsi, aveva dimostrato scarse capacità amministrative.

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Qualche anno dopo, nel 1935 in un adiacente edificio, entrarono in affitto anche le suore ‘Ancelle di Maria Immacolata’ di Roma, espatriate dalla Spagna e ubicate  a Ciampino. Per inciso, nel 1936, dai preti claretiani fu indirizzata una formale protesta al Comune di Frascati perché in uno stabile dirimpetto - denominato ‘saponificio’- erano stati allocati diversi sfrattati che non dimostravano proprio…una buona educazione, disturbando pure la quiete non solo del seminario claretiano ma anche della villetta in cui soggiornava mons. Vincenzo La Puma, un prelato creato cardinale proprio quell’anno (poi morto a Roma nel novembre del ’43).

    Recentemente, non conoscendo bene la storia, c’è chi ha definito Alvarez e Basilisco sacerdoti ‘salvatoriani’, equivocando e confondendo l’Istituto dei claretiani con la ‘Società del Divin Salvatore’ (da cui i ‘Salvatoriani’, i quali però non avevano alcun rapporto con Frascati e la diocesi tuscolana, erano residenti in Roma ed il loro superiore era il noto prete tedesco, Pancrazio Pfeiffer, che, facendo da tramite tra Pio XII e i tedeschi in Roma salverà durante il periodo bellico, numerosi prigionieri e ostaggi soprattutto ebrei).

   Fatta luce su questo grosso equivoco, è comunque conosciuta - anche se su questo avanziamo più di qualche dubbio - quella parte della storia del bombardamento, riguardante l’opera dei due preti, al cui impegno si affiancarono molti altri religiosi, soprattutto con l’esempio notevole del vescovo ausiliare. Sui preti di Villa Sora, ma anche sui medici che vi offrirono il loro aiuto (Tommaso Grossi e Domenico Buttarelli, che era ritornato da poco dalla Russia) se ne può conoscere l’attività specifica nel volume dello storico salesiano Francesco Motto (Non abbiamo fatto che il nostro dovere. Salesiani di Roma e Lazio durante l’occupazione tedesca (1943-1944, LAS, Roma 2000), in part.: Il contributo dei salesiani di Frascati all’opera di assistenza della popolazione colpita dai bombardamenti. Cronistoria degli avvenimenti 8 settembre 1943 - 4 giugno 1944, pp.123-143). Su altre pubblicazioni (come nel numero speciale de ‘Il Mondragone’) si possono consultare le diverse testimonianze riguardo i Gesuiti, il cui superiore, padre Raffaele Ganthuz Cubbe, è stato annoverato da Israele tra i ‘Giusti fra le nazioni’. Invece va ancora approfondita l’opera, quasi completamente ignorata, dei padri ‘camaldolesi’, nonché dei francescani e soprattutto quella dei vari Istituti religiosi femminili, sempre che ne siano stati conservati diari e appunti (cosa che è avvenuta invece per il ‘diario’ di madre Tecla Fontana delle trappiste di Grottaferrata, specialmente per gli anni che vanno dal 1941 al 1944).

L’anziana madre Tecla – che nel ‘43 si era rifugiata alle Frattocchie con altre consorelle – annota, attraverso le lettere inviatele dalla badessa madre Gullini rimasta a Grottaferrata, non solo le vicende dei bombardamenti, ma anche il ricovero offerto a soldati tedeschi sbandati ed agli americani. E forse, anche a qualche antifascista (più che partigiano) dei Castelli. Ha scritto infatti madre M. Augusta Tescari: “Dato il clima dell’immediato dopoguerra, - di vendette, accuse, e denunce – non ci restano testimonianze scritte compromettenti sugli ‘ospiti’ del monastero, ma sappiamo che a Grottaferrata, come in altri conventi, si rifugiarono persone perseguitate e ricercati di fazioni opposte” (cfr. M. A. Tescari, Madre Pia Gullini, Cantagalli, Siena 2016, p. 149).

Per Frascati, come è noto, fu soprattutto grazie al padre Alvarez che si è avuta la prima immediata ed ampia testimonianza scritta (Tra le macerie di Frascati. Ricordi personali), mediante la quale sono state narrate le dolorose vicende subito dopo la tragedia. Una prima edizione di questi ricordi del claretiano - pubblicata nell’ottobre del 1944 - fu curata dall’Unione Accademica Tuscolana (UAT), costituita da un gruppo di giovani guidato da don Giuseppe Buttarelli e dallo stesso Alvarez, i quali si adoperarono anch’essi per la pietosa opera di recupero delle salme subito dopo il bombardamento.

Il volumetto fu riprodotto nel 1974 con una post-fazione di don Orlando Raggi, il quale, mentre sottolineava che della precedente edizione “non si trovassero più copie, rilevava che la lettura di quel volumetto è considerata particolarmente interessante perché rappresenta un documento vivo ed un ricordo prezioso da cui chi lo possiede non sa distaccarsi, ed aggiungeva un sentito ringraziamento al Geom. Aldo Tallarico che ha concepito con tanta sensibilità ed opportunità questa riproduzione e al Consiglio del Collegio Provinciale di Roma dell’Ordine dei Geometri che ne ha curato la realizzazione”.  Fu poi in occasione del 70° anniversario, nel 2013, che l’Associazione Amici di Frascati e il Centro Studi e documentazione storiche, pubblicheranno nuovamente il testo dell’UAT in riproduzione anastatica.

    Le memorie di Alvarez tuttavia erano confluite già nel 1977, nel libro collettaneo, Frascati 8 settembre 1943 - 4 giugno 1944 (edito dall’Associazione Tuscolana Amici di Frascati a cura di don Giovanni Busco, Raimondo Del Nero, Paolo Mascherucci, Patrizio Panattoni). In questo volume vennero inseriti anche alcuni ricordi di padre Bruno Basilisco (di cui scriveremo in seguito) e quella parte delle memorie non pubblicate nel 1944, che Alvarez però aveva edito in Messico 17 anni dopo, in edizione integrale nel volume Cristo entre escombres. Recuerdos de guerra (1960).

Nato a Città del Messico il 7 aprile 1913, da Emanuele Alvarez Icaza e Maria Laso, José a 11 anni entrava nella Congregazione dei Missionari del S. Cuore di Maria. Nel 1926 a causa della rivoluzione e della conseguente persecuzione con la soppressione di collegi e seminari, fu costretto a rifugiarsi in una ‘hacienda’ (fattoria), per riparare in seguito nel Texas dove riuscì a terminare il postulantato. Il 15 settembre del 1929 prese i voti religiosi e quindi partì per la Spagna, da dove nel 1935 sarà inviato a Roma nel Collegio Internazionale Claretiano, frequentando l’Università Gregoriana e conseguendo la laurea in teologia e matematica, avendo già conseguito quella in filosofia. Ordinato sacerdote il 25 ottobre del 1936, celebrò la prima Messa sulla tomba di san Pietro in Vaticano.

    Nel 1941 – l’anno in cui il Comando tedesco di Kesserling, con oltre tremila persone si insediò a Frascati e dintorni - lo troviamo docente ad Albano e da lì trasferito a Frascati dove insegnò filosofia, fino a che, nel 1943 fu sorpreso dal bombardamento ‘alleato’ sulla città. In quel tragico frangente, Padre Alvarez, nella frenetica opera di soccorso, rimuovendo una grossa pietra si ferì all’indice della mano destra rompendosi i tendini ma soprattutto perdendone una falange.

Fui socorido – scriverà tempo dopo – por los juvenes y conducido inmediatamente al cercano hospital por el senor Osmundo Rubini... Ya no puede trabajar, pero conservo y conservaré siempre como un hermoso recuerdo de mis fatigas en Frascati la mutilacion de mi dedo”. (“Fui soccorso dai giovani e portato immediatamente al vicino ospedale dal signor Osmundo Rubini…Io non posso lavorare, però conservo e conserverò sempre come un caro ricordo delle mie fatiche a Frascati la mutilazione del mio dito”. (cf, Mi recuerdo de Frascati, in: J. Alvarez Laso, Cristo entre escombres. Recuerdos de guerra, Editorial Jus, Mexico, 1960, p.115, con ulteriori episodi delle sue ‘peregrinazioni’ tra Frascati, Ciampino, Castel Gandolfo e soprattutto sulle ‘visite’ ai principali rifugi-ricoveri antiaerei).

Molti anni dopo, si dirà (erroneamente) che quella ferita fosse stata concausa della sua morte. Alvarez ricordava come, dopo l’8 settembre, a Frascati fossero rimasti meno soldati tedeschi e il quartier generale - dopo che al Park Hotel (Villa Campitelli) i tedeschi il 14 settembre, avevano ‘suicidato’ il generale Cavallero - si era trasferito proprio nel ‘suo’ Istituto con parte degli equipaggiamenti principali per la sussistenza; Kesselring però, dal 13 settembre ’43, aveva allestito sul monte Soratte il comando supremo per il sud Europa.  Ma Frascati e i Castelli restavano sempre notevolmente ‘occupati’.

Alvarez riuscì a salvarsi anche dalle bombe del 22 gennaio del ’44 e successivi, e, il 26, recatosi ad Albano, dalla terrazza del locale Collegio claretiano, con un binocolo di un confratello poté assistere al grande schieramento della flotta di sbarco degli Americani su Anzio e Nettuno, così come si distingueva anche la linea difensiva di terra. In quel frangente ricordava che solo qualche anno prima, quando insegnava ad Albano, da quella terrazza poteva vedere solo poche barche, mentre ora non si riusciva proprio a contarle!  Scriverà Alvarez: “dopo lo sbarco di Anzio, Frascati costituì un centro importante di retroguardia per tutti i servizi logistici”.  Dal gennaio 1944 però tardava a partire l’offensiva cosicché I tedeschi avevano modo di bloccare gli alleati che avrebbero dovuto procedere verso Roma attraverso Aprilia, Cisterna, ecc. E solo dopo essersi liberati con forti perdite dal pantano delle paludi e mediante intensi bombardamenti sui Castelli (Rocca di Papa, Grottaferrata, Marino…) e superando lo sbarramento dei due supercannoni tedeschi (denominati Anzio Annie e Anzio Express, che sparavano da Ciampino), nel maggio del ‘44 riuscirono alla fine ad aprirsi la strada entrando poi in Roma il 4 giugno. Finalmente l’operazione ‘Shingle’ aveva avuto successo, restava però tutto il Nord Italia da liberare.

     Ma occorre dare anche uno sguardo alla collaborazione che dalla fine degli anni ’30 e inizio dei ’40, Alvarez offriva con i suoi scritti, sui periodici nazionali della Gioventù Cattolica (la GIAC): Credere, e Gioventù Italica, diretti da Luigi Gedda. Su questi settimanali tratterà brevi riflessioni di spiritualità, ma riporterà anche alcune sue testimonianze di vita. Il claretiano aveva chiesto espressamente a Budelacci se poteva “continuare la collaborazione ad alcune riviste della Congregazione ed anche a quelle della Gioventù Maschile di AC, Credere e Gioventù Italica”. Ed il vescovo ausiliare rispondeva compiacendosi “per il valido contributo che recava al movimento e al maggior incremento dell’Azione Cattolica Giovanile con la efficace collaborazione alle Riviste”. Ma lo vedremo in seguito. (continua)