VICENDE - La biblioteca eboracense e la Seconda guerra mondiale
Pubblicato: Martedì, 19 Dicembre 2023 - redazione attualitàilmamilio.it - contenuto esclusivo
di Valentino Marcon
Segue da "VICENDE - L'antico mito della Biblioteca eboracense"
Le trattative per la sorte della Biblioteca andarono avanti per più di un anno, e poi si interruppero probabilmente per lo stato di salute del card. Cagliero che, già a metà dicembre del 1925 cominciava ad essere molto critico, tanto da aggravarsi nel gennaio del ’26 mentre si trovava nella sua abituale residenza nella casa salesiana del S. Cuore a Roma.
Un’operazione tentata in extremis non lo rimise in sesto bensì lo portava alla dipartita il 29 febbraio a 88 anni. Intanto il Farina – che era ufficiale postale della Camera nonché direttore del Museo etiopico (Massajano) nel Convento dei Cappuccini e, soprattutto, procuratore del cardinale – era in continua polemica non solo con i frati ma anche col clero tuscolano, perché già in occasione dell’apposizione di una lapide in onore del cardinale sulla facciata dell’episcopio nel 1923 - vivente ancora il card. Cagliero - fu iniziativa del tutto personale del Farina senza l’assenso della curia, e addirittura sulla lapide si leggevano nemmeno tanto velate accuse ai vescovi tuscolani predecessori.
La lapide fu ben presto fatta rimuovere. In seguito commendatore della Corona, nonché del Santo Sepolcro, con l’onorificenza della Stella d’Italia, della Stella d’Etiopia, cavaliere ufficiale dell’Ordine di S. Silvestro, presidente onorario dell’associazione caduti e mutilati di guerra, e quindi anche Grand’Ufficiale della Corona, ecc., ecc., il Farina, forte di tutte queste ‘onorificenze’, cominciò pure (nel 1936) ad aspirare alla nomina di podestà servendosi di vari maneggi in tal senso.
Però il ‘canale’ più diretto all’interno del Governo fascista, il padre gesuita Pietro Tacchi Venturi, renderà noto al cardinale (allora Marchetti Selvaggiani) di aver conferito con il Sottosegretario di Stato all’Interno, il quale gli aveva assicurato che il Farina ‘non sarà affatto nominato Podestà di Frascati’. Tra l’altro, già dal 1926, il nuovo Vescovo Michele Lega aveva dato il benservito al Farina.
Ma ritorniamo alla vicenda della Biblioteca. Dopo che alcuni esperti inglesi ebbero modo di valutare la libreria, il Seton comunicava che “la maggior parte - qualche migliaio dei libri - non sono utili”, ma solo “un limitato numero di manoscritti sono d’interesse di questo Paese e in particolare della Scozia e in rapporto col duca di York”. Tuttavia, il 17 novembre del 1925, farà un’offerta di 500.000 lire da pagarsi entro il 31 dicembre 1926 e la possibilità di un acconto di 5000 lire che avrebbe versato nelle mani di Sua Eccellenza il Ministro [ambasciatore] britannico presso la Santa Sede, Sir Odo Russell, se disposto ad accettare questa responsabilità [“placed in the hands of His Excellency the British Minister at the Holy See, Sir Odo Russell]”.
In questo giro di contatti entrarono durante quei mesi, vari personaggi: Farina, Seton, il rettore Hinsley, il card. Gasquet (che in seguito sembra defilarsi), il conte Muccioli, il sindaco di Frascati Bernaschi, e vari altri… Come si sia poi interrotta la trattativa non è documentato; sta di fatto che Bernaschi era stato sostituito con un Commissario prefettizio, poi un podestà, ma soprattutto dopo la morte del cardinal Cagliero, il nuovo vescovo tuscolano Michele Lega aveva esautorato Farina dall’incarico di procuratore di curia con tutto un seguito di strascichi e polemiche sulla gestione amministrativa precedente.
Nel 1927 Lega volle riaprire il Seminario diocesano e così la Biblioteca eboracense riprese il suo ruolo di riferimento culturale. Il vicario generale, mons. Budelacci, in una relazione sul Seminario nel 1932, valutava il numero dei volumi in “circa quindicimila” e rilevava che “la biblioteca possiede incunaboli vari con xilografie. Ha inoltre molte stampe e album illustrati pregevoli”. Vi sono pure “molte edizioni rare con ricche legature di indole [sic] biblica, patristica, legale, storica, filosofica, scientifica”. Ed ancora, “tre codici con ricche miniature, appartenenti a Giacomo III, Re d’Inghilterra, dei quali, due di preghiere e uno di araldica lasciati dal card. Duca di York; vengono custoditi nella cassaforte”. Inoltre, “si conservano due medaglie in quadro dell’Em.mo Card. Consalvi”. Infine - concludeva Budelacci - “il Card. Lega nel settembre del 1930, per rendere più facile l’accesso alla Biblioteca agli studiosi e ai visitatori e per togliere l’inconveniente del passaggio attraverso la Cappella interna del Seminario, ha fatto costruire una artistica e comoda scala che dal cortile del Seminario immette direttamente alla Biblioteca” (la scala fu costruita su disegno dell’ing. Strocchi).
Come abbiamo visto, Budelacci parlava di circa ‘quindicimila volumi’, ma in una relazione successiva affermava che “il numero dei volumi è di circa diecimila”. Il Bollettino diocesano del 1932 accenna a dodicimila volumi. Nel 1935 – direttore Budelacci e ‘distributore don Buttarelli’ – si riporta un sommario elenco di opere conservate, e cioè: 30 manoscritti incunaboli, 18 stampati, 10.000 tra volumi opuscoli e periodici rilegati con due cataloghi a disposizione: uno con l’elenco degli autori, e un altro con l’elenco alfabetico delle opere. Si fa strada anche l’ipotesi di un eventuale deposito almeno di parte di questo materiale, (ma non quello dello Stuart) in Vaticano. Infatti in una lettera del 7 ottobre del 1937, il cardinale - Giovanni Mercati, allora Bibliotecario della Vaticana - scrive al vescovo, “di aver riferito al S. Padre che lo autorizzò ad accettare il deposito e a far le spese relative”. Aggiungeva che anche il Prefetto della Biblioteca Vaticana, p. Anselmo M. Albareda, conveniva di far avere “quello dei cataloghi che non serve o meno serve per notare i libri quelli da lasciare costì, ove non abbiasi qualche ragione particolare come dediche allo Stuart di tenerli uniti alla memoria degli Stuart, legatura Stuart da conservare o simili…”.
Per quale motivo si fa questa proposta? Non è peregrino il pensare che qualche ulteriore avance sia stata fatta ancora dalla Gran Bretagna. Siamo in pieno regime fascista che ha ottenuto, con l’invasione dell’Africa Orientale, il suo ‘impero’ e purtroppo anche un vasto consenso popolare, mentre il duce era sempre più irritato con l’Inghilterra, la ‘perfida Albione”! Nello stesso tempo la diocesi di Frascati sta vivendo il passaggio dall’attivissimo episcopato del card. Michele Lega a quello meno appariscente di Marchetti Selvaggiani (1936), mentre Budelacci viene nominato vescovo ausiliare. Nell’aprile del 1937 su un giornale britannico, ‘l’Observer’, appare un articoletto, che, prendendo spunto da una legge in discussione nel parlamento inglese, rivendica il ‘ritorno’ in patria dei libri dello Stuart. Scrive infatti ‘The Observer’: “Il dibattito nella Camera dei Comuni sulla Legge che autorizza il ritorno dei documenti scozzesi ai loro paesi d’origine, solleva il problema della biblioteca dell’ultimo degli Stuart a Frascati”. Aggiungeva l’Observer che “il nucleo della libreria fu costituito da Giacomo II in esilio e fu ampliato da suo figlio e i suoi nipoti. Adesso la polvere degli anni è sopra di essa, ma tra i pochi visitatori degli anni recenti appaiono nomi come Re Giorgio V e la regina Maria. Le autorità ecclesiastiche locali sembra che diano poca importanza a questo patrimonio. Agli italiani questa libreria può non aver significato, ma per gli inglesi e gli scozzesi ha un fascino romantico”.
Il giornale ricordava come tra i documenti vi fosse una serie di mappe olandesi sulla Gran Bretagna che riportano ancora segnato a matita l’itinerario di Carlo Edoardo nella sua marcia verso Derby; e l’articolo perentoriamente chiosava: “se i documenti dovessero tornare nella loro terra natia” sarebbe prioritaria la sede di Londra perché “la capitale del Regno è il posto migliore più della moderna Roma”! Ma anche stavolta i libri rimasero nella sede in cui il cardinale Enrico li aveva voluti collocare un secolo e mezzo prima.
L’articolo dell’Observer
Ci si avvicina intanto agli anni della Guerra mondiale. Nel 1939 il ministero dell’Educazione nazionale, tramite Ettore Apolloni, chiederà notizie statistiche “sulla consistenza libraria per l’anno 1938” e il 10 giugno del 1942 verrà anche elargito un sussidio di 1000 lire da parte della Regia Sovrintendenza Bibliografica per il Lazio e l’Umbria. Poi, in pieno tempo di guerra, il Governo fascista cerca di prendere (più o meno inutili) precauzioni per la salvaguardia di monumenti importanti in caso di bombardamenti. L’11 marzo del 1943, (lettera prot. 75/43), il Vescovo ausiliare, a tal proposito, scrive: “Si attesta che gli incaricati della R[egia] Sopraintendenza ai Monumenti hanno eseguito i segnali convenzionali per garantire la incolumità in caso di incursioni aeree su Frascati sui seguenti edifici: 1) Chiesa Cattedrale, 2) Chiesa del Gesù, 3) Palazzo della Rocca, Episcopio, 4) Chiesa di S. Maria del Vivario. F.to Il Vescovo Ausiliare Budelacci”.
Puntualmente, sei mesi dopo, l’8 settembre del ’43, gli aerei americani bombardano con quasi millimetrica precisione proprio questi edifici. In parte furono risparmiate la Rocca dell’episcopio e la Chiesa del Gesù, ma questa probabilmente solo per qualche errore di mira, in quanto fu distrutto il seminario annesso! La Biblioteca del Seminario restò indenne ma correndo successivamente forti rischi per la custodia e la conservazione del grande patrimonio, non avendosi un’adeguata vigilanza. (Ma lo vedremo nella prossima puntata).