Lucio Fontana, aprire gli spazi per andare oltre
Pubblicato: Giovedì, 07 Settembre 2023 - Fabrizio GiustiACCADDE OGGI – Il 7 Settembre 1968 muore a Comabbio, proprio nell’anno della contestazione, l’artista che aveva pensato una ‘rivoluzione’. Con un gesto
ilmamilio.it
“Che cos'è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione”. Così racconta il 'Perozzi' del 'Necchi" in “Amici Miei”, film che ha segnato un’epoca. L’appiglio, singolare e azzardato per i puristi, in verità aiuta a raccontare le gesta di un grande artista del cambiamento, Lucio Fontana, uomo che ha parlato poco e prodotto tanto, superando quella superficie che da secoli tutti osservavano e dipingevano. Un rivoluzionario che ha sollecitato l’inventiva e la libertà con un tocco, un movimento.
Lucio Fontana (Rosario, Argentina, 19 febbraio 1899 – Comabbio, 7 settembre 1968) è stato uno degli artisti più importanti del Novecento, conosciuto e riconosciuto soprattutto per i tagli delle sue tele. Ancora oggi è una tra le espressioni creative più enigmatiche e discusse.
Nato nel 1899 a Rosario di Santa Fe, in Argentina, la cosiddetta “Cuna de la Bandera (culla della Bandiera), lì dove passa il Rio Paranà, il secondo fiume più lungo del Sudamerica dopo il Rio delle Amazzoni - patria di Ernesto Che Guevara e Leo Messi - Lucio, concepito da genitori di origini italiane, sin da giovanissimo, inizia a dilettarsi nella scultura e nella ceramica sotto l’influenza del padre architetto e scultore. Adolescente, studia in Lombardia, rientra in Argentina poco più che ventenne e finisce con il soggiornare a Milano dal 1927, intenzionato a lanciarsi nella carriera artistica. In mezzo la Grande Guerra, dove vive il dramma del conflitto umano.
Fontana scolpisce, modella, lavora su commissione. Le sue prime opere pubbliche sono visibili nel Cimitero Monumentale di Milano. Inizia a sperimentare un suo stile. All’inizio degli anni quaranta si cimenta nel mosaico colorato e nella sua prima opera di vocazione con il Volo di Vittorie sul soffitto del Sacrario dei martiri fascisti, in piazza san Sepolcro a Milano.
Al termine della seconda guerra mondiale proprio Milano è di nuovo centro di idee e di laboratori, di cui Fontana è assoluto protagonista, padre del nuovo. Siamo al preludio di quel concetto secondo il quale lo spazio, in pittura, generando sensazioni, ha ora bisogno di concretezza, di materia, visibilità. All’inizio degli anni cinquanta crea trame sottili, ove le linee sono libere, laterali, anteriori, in profondità. Illusioni ottiche, dettami immaginari che già avevano preso corpo durante le avanguardie. E’ la fase embrionale che scaturisce, negli anni Sessanta, allo ‘Spazialismo’ di cui Fontana stesso è fondatore. Un movimento che diviene una corrente internazionale. L’artista seziona, ferisce la superficie del quadro con fori o tagli. Lo squarcio è un colpo netto, deciso, di impeto. Nasce una nuova dimensione dell’arte. Si va di qua e di là. Come un Giano Bifronte, con due volti, il Dio che può guardare il futuro e il passato, il Dio della porta che può guardare sia all'interno sia all'esterno, Fontana porta lo spettatore in un luogo mai visitato prima. Emozionale, scandaloso, criticato, sorprendente.
Zac! Un gesto istintivo, impulsivo caratterizzante, che lascia un segno irripetibile, penetrando la tela. Ma in quella superficie tagliata Fontana ricava parti che avanzano, arretrano accentuando, sporgono, dando origine ad ombre e sensazioni diverse. E’ un arte che sembra finire, oppure attendere qualcosa che sta per uscire o entrare. Un fatto temporaneo. Temporaneo come la vita. Modificabile come la vita. Deformato.
Scultura e pittura non esistono più. Fine delle convenzioni e dell’arte (per i più critici). Monocromie, lame di rasoio, coltelli e seghe. Luci e ombre. Colori accesi e oscurità. Eppure, nonostante i numerosi falsari, nessuno riesce a ripetere la precisione di Fontana. E lui, per cautelarsi, scrive sulla 'schiena' di ogni tela frasi che appaiono sconclusionate, per dare agio alle perizie calligrafiche.
Quante volte, davanti ad una sua opera, qualcuno si sarà domandato: “Questo potevo farlo anche io”? Già, ma nessuno lo aveva fatto prima. L’arte contemporanea in quegli anni diventa mezzo di fruizione di massa in cui tanti (troppi) si buttano, senza pensiero, nell'illusione di imitare e di creare, gettando idee come immondizia. Ciò ispirerà anche uno straordinario episodio in “Dove vai in vacanza?” con Alberto Sordi e Anna Longhi (“Le vacanze intelligenti”) che racconta il viaggio di due turisti incoscienti che vengono gettati dai figli in un'incomprensibile, ai loro occhi, Biennale di Venezia. Ma gli artisti, si sa, sono pochi e si riconoscono. Fortunatamente.
Fontana muore il 7 settembre del 1968. Il giorno dopo allo Stadio del Decennale di Varsavia si tengono le celebrazioni della festa nazionale organizzate dal regime comunista. Ryszard Siwiec, un filosofo dissidente ed ex militare dell'Armia Krajowa, si dà fuoco in segno di protesta per l'invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Il ‘68 era già iniziato. E Est come a Ovest. A Marzo, in Italia, con gli scontri di Valle Giulia, dove ragazzi di destra e di sinistra si scontrano con la Polizia. La gioventù di tutta Europa e del mondo cercava una rivoluzione per cambiare il proprio stile di vita, lo Stato in cui viveva, i costumi, portare l'immaginazione al potere.
Lucio Fontana, con anticipo rispetto ai tempi, aveva già fatto la sua parte di rivoluzione come capita a tutti gli artisti che compiono profezie.
Quella magìa è rimasta tale.