Jack Kerouac: la scrittura, la strada, la libertà e la 'stella della sera'
Pubblicato: Martedì, 05 Settembre 2023 - Fabrizio GiustiACCADDE OGGI - Il 5 settembre del 1957 viene pubblicato per la prima volta "On the road"
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“Al tramonto rimasi a schiarirmi la gola sul fiume Kanawha e a Charleston, nel West Virginia, camminai nella notte montanara; a mezzanotte Ashland, nel Kentucky, e una ragazza solitaria sotto la tettoia di un teatro chiuso. Il buio e misterioso Ohio, e Cincinnati all’alba. Poi di nuovo i campi dell’Indiana, e St. Louis avvolto come sempre dalle sue grandi nuvole nelle vallate, al pomeriggio. La ghiaia fangosa e i tronchi del Montana, i piroscafi sfasciati, le vecchie insegne, l’erba e i cordami sul fiume. Il poema senza fine. Di notte il Missouri, i campi del Kansas, le mucche notturne del Kansas nei segreti spazi aperti, paesi di rimorchi con un mare ad ogni fine di strada...”.
Basterebbero queste poche intense righe, fatte di vissuto e di poesia, scritte mentre il protagonista di “On the road” parte da Washington in autobus fino a Denver, per dare il senso della grandezza di un romanzo, ma anche di chi lo ha scritto, in preda ad una fonte luminosa di ispirazione tra le più rivoluzionarie ed influenti del Novecento.
Jack Kerouac era diverso da come è stato descritto dalla mitologia letteraria o da come è stato tratteggiato dalla moda dei suoi tempi. Tuttavia ha segnato un’epoca, cambiato l'esistenza di molti americani fino a sfondare i confini del mondo. Per scrivere aveva bisogno solo di un rotolo di carta per telescrivente. Gli serviva per non interrompere il flusso del pensiero, diceva.
UNA VITA VELOCE - Nato nel marzo del 1922 “dopo pranzo tutto rosso”, Kerouac iniziò ad imprimere le sue parole su un foglio da cronista di pagine sportive sul ‘The Sun’. Lasciò la valle del Merrimack del nord-est del Massachusetts (Lowell), morì a soli 47 anni, ucciso, come qualcuno ricordò, dal radicale cambiamento che subì nella sua vita. Si ubriacava, odiava sentirsi perduto. Vista la notorietà assorbita, si sentiva ormai come una specie di monumento. Si disse di lui che si era addormentato ubriaco e si era svegliato famoso. Una sintesi estrema, ma simbolica. Fece il viaggio che gli portò notorietà in autobus, ma diventò famoso per l’autostop, che l’autore, in realtà, fece solo per pochi dei chilometri raccontati per le strade d'America.
Diffuse comunque una moda, dove le persone più sconosciute potevano incontrarsi e conoscersi, una nuova era delle relazioni interpersonali. Se dici Kerouac dici anche ‘Beat generation’, una corrente dove potevi trovare di tutto: utopia, edonismo, progressismo, conservatorismo, buddismo, avanguardia artistica, jazz, la ricerca (anche) di un rapporto con la natura per ritrovarsi in una società che non rappresentava i valori da seguire, ma solo l'utile.
Kerouac, in realtà, si dissociava da certi stereotipi. Era cresciuto in una famiglia cattolica, si era buttato alle spalle il bigottismo per cercare, comunque, un nuovo tipo di ‘io’, un nuovo essere umano, in un percorso per certi versi spirituale. In quel calderone di fermenti che era il movimento 'beat', inizialmente apolitico, Kerouac è stato indicato come un ‘conservatore’ in un concerto umano che protestava contro la guerra in Vietnam e che, allo stesso tempo, aveva conosciuto l'interesse per molteplici autori come ad esempio Oswald Spengler.
Secondo alcune fonti storiche, infatti, fu William Burroughs a regalare Il tramonto dell’Occidente a Kerouac nel 1945, anno in cui il mondo moderno prende il sopravvento contro i totalitarismi dopo una terribile guerra planetaria. La lettura aiutò la scoperta dei 'fellaheen', i contadini egizi che rappresentavano, pur vivendo ai margini della dominazione romana, gli esempi di un mito che si contrapponeva, semplicemente esistendo, a una civiltà e a un modello in via di corruzione. Ecco dunque nascere, proprio seguendo questo percorso, la convinzione che sottoproletari, emarginati religiosi o di razza ed esclusi - che Kerouac stesso definì ‘sotterranei’ - potessero trovare una considerazione letteraria, farsi racconto, vivere e cercare una via. Era la "sacralità" segreta degli oppressi.
Lo spirito di oppressione era forse quello che animava il Kerouac della fine del conflitto mondiale: un lavoro come operaio in una fabbrica e un matrimonio finito dopo due mesi. Conobbe Barroughs e altri artisti, fece la conoscenza della droga e incontrò Neal Cassady, un giovane di 20 anni che si trasformò nel simbolo dell’emarginazione e fu fonte di ispirazione letteraria.
IL VIAGGIO CHE CAMBIO' UNA GENERAZIONE - “On the raod” faceva parte di un genere che non aveva inventato Kerouac. C’era già stato Jack London. C’era già ‘Il giovane Holden’ di Salinger, c’era già stato Thomas Wolfe. Ma lui fa qualcosa in più, nell'era della comunicazione e del villaggio che inizia ad essere globale.
On the road è il manifesto di una generazione errante, perduta, nata sulle briciole dell'Apocalisse atomica, comunque figlia della crisi del 1929. La trama di un'altra America, quella nascosta dei barboni senza un dollaro in tasca, poco scenica, poco retorica, ma con lo spirito dei pionieri storici tanto amati da Ezra Pound. Persone ancora capaci di esplorare per necessità e trovare un posto nella società. Il sogno americano decostruito e vissuto in maniera autonoma, ma non meno da considerare.
Il testo, del 1951, non conosce pubblicazione fino al 1957, passando per la revisione e la correzione dei momenti più espliciti, sconvenienti, aggiustato nella punteggiatura inizialmente confusionaria rispetto alla prosa di getto originale. Racconta di Kerouac (Sal Paradise) e di Dean Moriarty (Cassady), impegnati in un lunghissimo giro per gli Stati Uniti che parte da Paterson, nel New Jersey.
“Così, dopo aver lasciato il mio grosso mezzo manoscritto sistemato in cima allo scrittoio, e dopo aver ripiegato per l’ultima volta le mie comode lenzuola casalinghe - scrisse - me ne andai una mattina con la mia valigia di tela nella quale erano riposte poche cose essenziali e partii per l’Oceano Pacifico con i cinquanta dollari in tasca. A Paterson avevo studiato per mesi le carte geografiche degli Stati Uniti e m’ero letto persino i libri che parlavano dei pionieri, andando in visibilio per nomi come Platte e Cimarron e così via, e sulla carta stradale c’era una lunga linea rossa chiamata Strada Statale numero 6, che portava dalla cima di Cape Cod dritto fino a Ely, nel Nevada, e da lì scendeva fino a Los Angeles. Mi sarei messo sulla numero 6 per tutto il percorso fino a Ely, dissi a me stesso, e intrapresi il viaggio con fiducia.”
La meta della strada statale numero 6, in realtà, si interrompe presto. Poi c'è l'incontro con New York, Chicago, l’Illinois, l'Iowa, il Nebraska, Denver, dove Sal incontra la “nuova generazione bruciata" a cui si stava "lentamente aggregando”. Di seguito arrivano San Francisco, lo Utah, il Nevada, la Sierra Nevada, l’autostop, Los Angeles, il lavoro nei campi di cotone. E ancora la Grande Mela: “Avevo fatto tredicimila chilometri in giro per il continente americano ed ero di ritorno in Times Square; e proprio nel mezzo di un’ora di punta, per di più, a guardare con i miei occhi resi innocenti dalla strada l’assoluta pazzia e il fantastico andirivieni di New York con i suoi milioni e milioni di uomini che si prendono a gomitate all’infinito tra di loro per un dollaro, il pazzo sogno: afferrare, prendere, dare, sospirare, morire, solo per poter essere sepolti in quell’orribile necropoli dietro a Long Island City”.
Il viaggio ricomincia a New Orleans, la Louisiana, il Texas, l'Arizona. Un vagabondaggio "di fagotti e stracci nelle ‘strette strade romantiche’ in cui tutti hanno l’aspetto di comparse del cinema fallite, di stelline appassite, controfigure disincantate”.
Ma in mezzo c’è anche il jazz, il bebop - ovvero lo stesso ritmo che accompagna l’Urlo di Allen Ginsberg - un’esistenza dove manca il denaro ma ci sono grandi sogni nella libertà di “cibarsi di stelle”. Un percorso che raccatta vagabondi e in cui un cinema notturno fa vedere all’autore “negri male in arnese venuti su dall’Alabama per lavorare nelle fabbriche d’automobili; vecchi straccioni bianchi; giovani debosciati dai capelli lunghi che avevano raggiunto la fine della china e bevevano vino; prostitute, coppie regolari, e massaie con niente da fare; nessun luogo dove andare, nessuno in cui credere. Se si fosse setacciata tutta Detroit con un cestello di fil di ferro non si sarebbe potuto raccoglier meglio, in più infimo solido nucleo della feccia”.
IL FINALE - Ma tutto deve avere termine, prima o poi. E New York segna ancora i destini. Sal decide di ripartire, senza il suo amico. Mentre percorre la via in autobus fino a Denver, Kerouac scrive e Sal ricorda: “Al tramonto rimasi a schiarirmi la gola sul fiume Kanawha e a Charleston, nel West Virginia, camminai nella notte montanara; a mezzanotte Ashland, nel Kentucky, e una ragazza solitaria sotto la tettoia di un teatro chiuso. Il buio e misterioso Ohio, e Cincinnati all’alba. Poi di nuovo i campi dell’Indiana, e St. Louis avvolto come sempre dalle sue grandi nuvole nelle vallate, al pomeriggio. La ghiaia fangosa e i tronchi del Montana, i piroscafi sfasciati, le vecchie insegne, l’erba e i cordami sul fiume. Il poema senza fine. Di notte il Missouri, i campi del Kansas, le mucche notturne del Kansas nei segreti spazi aperti, paesi di rimorchi con un mare ad ogni fine di strada...”.
Infine quelle righe conclusive quel finale dove "la stella della sera" tramonta e sparge il suo fioco scintillio sulla prateria, proprio prima dell’arrivo della "notte completa che benedice la terra, oscura tutti i fiumi, avvolge i picchi e rimbocca le ultime spiagge, e nessuno, nessuno sa quel che succederà di nessun altro se non il desolato stillicidio di diventar vecchi" .
Il manifesto della libertà, dell’angoscia, delle persone che si cercano.
Il 20 ottobre 1969 Jack Kerouac, diventato ormai una leggenda, si svegliò in seguito all'ennesima sbornia. Verso mezzogiorno, accusò forti dolori all'addome e perse sangue dalla bocca. La cirrosi aveva fatto il suo corso. Non bastarono 26 trasfusioni ed un'operazione. Il 21 ottobre morì a 47 anni. Dopo una sbornia si era alzato - aveva detto qualcuno - e si era scoperto famoso. Morì senza preavviso, come il suo successo.