Pietro Micca, morire per salvare gli altri
Pubblicato: Domenica, 05 Marzo 2023 - Fabrizio GiustiACCADDE OGGI – Il 5 Marzo 1677 nasce uno degli uomini simbolo dell'unità d'Italia
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Pietro Micca (Sagliano Micca, 5 marzo 1677 – Torino, 30 agosto 1706) è un personaggio storico oggi piuttosto rimosso dalla memoria collettiva. Ben che gli vada è un pezzo di pagina scritto velocemente per una sintesi di testo scolastico. E’ vero: si sa poco sulla sua persona prima di quel gesto di cui ancora si ha ricordo. Sappiamo però che Micca giunse da famiglia modesta, come modeste erano le condizioni di vita di chiunque non convivesse negli ambienti senza privazioni del suo tempo. Suo padre, Giacomo, faceva il muratore, sua madre si chiamava Anna.
Questo si sa o poco più, fino all’anno 1706.
Nella cosiddetta ‘Guerra di successione spagnola’, il Ducato di Savoia si trovava tra gli eserciti franco-spagnoli e anglo-tedeschi. Il Duca Vittorio Amedeo II aveva deciso di schierarsi contro i transalpini, ribaltando l'alleanza sostenuta fino al 1703. Un conflitto difficile, con gli eserciti francesi capaci di conquistare nel corso del tempo molte zone del Piemonte. Il 14 Maggio del 1706 Torino venne dunque presa d’assedio. A difenderla appena 10mila unità, contro almeno 45mila. Un’estate di confitto e di resistenza, fino a quando i francesi non decisero di organizzare l’assalto finale. Sono gli ultimi giorni di Agosto. L’intento è far capitolare la città il più in fretta possibile. Il Principe Eugenio di Savoia, comandante delle truppe del Sacro Romano Impero, scese per venire in soccorso dei resistenti.
Intanto Pierre Micha, meglio conosciuto con il nome di Pietro Micca, si era arruolato nell’esercito sabaudo. Il giovane aveva perso il lavoro da muratore che svolgeva in provincia di Biella. Trovandosi disoccupato, e con una moglie e figlio a carico, non aveva trovato soluzione migliore che quella di percorrere la strada delle armi.
Il 30 Agosto è di guardia, assieme ad un compagno, a una delle porte che mettono in comunicazione le gallerie superiori a quelle inferiori nei pressi della Cittadella. Il nemico punta proprio a quella zona per cogliere di sorpresa i difensori da dietro le linee.
I due, consci di ciò che stava accadendo, architettano un piano radicale: far crollare la galleria facendo saltare un barile pieno di polvere da sparo. “Alzati, vai salvati, che sei più lungo di una giornata senza pane”, urla Micca al commilitone, preoccupato che fosse troppo lento per far deflagrare in tempo l’esplosivo. Nel frattempo inserì una miccia corta e le appiccò il fuoco, poi cominciò a correre per la scala che portava all'uscita della struttura muraria. Il boato fu così violento che il suo corpo venne scaraventato contro le pareti. Quindi il crollo.
Il suo sacrificio bloccò l’assalto sotterraneo e gli assedianti sulle mura vennero respinti. Le truppe imperiali del Principe Eugenio giunsero così a Torino e in tre giorni spazzarono via l’armata francese. Il compagno d’armi di Pietro sopravvisse e rese pubblico l’accaduto. La vedova del muratore-soldato, dopo che questa aveva fatto richiesta di un vitalizio, si vide concesse due forme di pane al giorno.
Pietro Micca fu riconosciuto solo tempo dopo come un eroe, come l’artefice della vittoria. Sepolto in una fossa comune, è oggi ricordato con una statua commemorativa lo ricorda oggi di fronte alla Cittadella. Una delle vie centrali di Torino porta il suo nome. Un museo lo celebra. La memoria locale è certamente più solida. Meno quella generale. Tuttavia è innegabile che è stato un simbolo per il percorso dell’unità italiana.
Nella definizione ‘Treccani”, alla parola ‘antieroe’, si legge: “Personaggio che, polemicamente o no, mostra qualità del tutto opposte a quelle considerate tipiche e tradizionali dell’eroe”. Ci sono uomini, dunque, che diventano eroi senza volerlo e senza averne la vocazione specifica. Pietro Micca fu probabilmente uno di questi e presumibilmente non scelse la sua fine con un preciso intento, pur conscio dell'ora fatale e dei pericoli a cui stava andando incontro. La sua rimane una figura da celebrare. Perché quella sorte gli toccò, e dentro a quella sorte passò il futuro della sua comunità.