5-6 Novembre 1953: la rivolta per Trieste italiana e i suoi caduti
Pubblicato: Sabato, 05 Novembre 2022 - Fabrizio GiustiACCADDE OGGI – Ci furono sei morti e decine di feriti
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Il territorio libero di Trieste, sorto immediatamente dopo la fine della guerra, nel 1947, era diviso in due: la Zona A, governata dal Governo Militare Alleato, e la Zona B, sotto amministrazione militare jugoslava. La Zona A comprendeva circa 300mla abitanti (di cui 63mila sloveni). Partiva da San Giovanni di Duino, comprendeva la città di Trieste e terminava presso Muggia; la Zona B (capoluogo Capodistria) comprendente la parte nord-occidentale dell'Istria, governava 68mila abitanti (51 000 italiani, 8 000 sloveni e 9 000 croati secondo la Commissione Quadripartita delle Nazioni Unite). La Zona B era inoltre divisa in due aree: i distretti di Capodistria e di Buie, separati dal torrente Dragogna.
Viene da sé che nell’Europa dei blocchi contrapposti filoatlantici e filocomunisti la zona di Trieste rappresentava un confine ideologico, strategico e militare immerso in una situazione di stallo che andò avanti per sette anni, quando tra il 1953 e il 1954 vi fu una svolta che passò anche per episodi tragici, comprese le dolorose ferite della guerra e del dopoguerra ancora oggi discusse dagli storici.
Nell'estate 1953, con le elezioni politiche di giugno e la nascita del governo del Presidente del Consiglio, Giuseppe Pella, la situazione di confine di inasprì. Gli Alleati provarono allora di trovare una soluzione per una divisione del TLT fra i due paesi, ma la situazione si complicò dal momento in cui gli stessi esplicitarono una dichiarazione nella quale assumevano l'impegno di cedere l'amministrazione civile della Zona A all'Italia. Josip Broz Tito, guida della Jugoslavia, reagì a questa soluzione, tant'è che si temette una invasione del suo esercito a Trieste. Gli Alleati interruppero allora l'applicazione di ogni proposito, suscitando di conseguenza le proteste da parte italiana.
Il 3 novembre 1953, a Trieste, in occasione dell'anniversario dell'annessione della città all'allora Regno d'Italia nel 1918, il sindaco Gianni Bartoli contravviene al divieto del generale Thomas Willoughby Winterton, comandante di zona del Territorio Libero, esponendo la bandiera tricolore dal pennone del Municipio, ma gli inglesi intervennero per rimuoverla.
Il 4 novembre i manifestanti di ritorno dal sacrario di Redipuglia improvvisano una manifestazione per l'italianità di Trieste. La Polizia Civile, guidata da ufficiali inglesi e composta da triestini, intervenne per sequestrare la bandiera dei manifestanti: ne seguirono violenti scontri, che in pochi minuti si estesero alla città.
Il 5 novembre gli studenti proclamarono uno sciopero e manifestarono di fronte alla chiesa di Sant'Antonio. Al passaggio di una vettura della Polizia Civile, con a bordo un ufficiale inglese, diedero vita a una sassaiola. Intervenne così il nucleo mobile della Polizia Civile che disperse i ragazzi, i quali si rifugiarono dentro la chiesa, dove vennero inseguiti e malmenati. Il vescovo Antonio Santin stabilì nelle ore seguenti una cerimonia di riconsacrazione del tempio a cui parteciparono migliaia di cittadini. All'arrivo delle camionette della Polizia nacquero nuovi incidenti ove furono colpiti a morte da colpi di pistola Piero Addobbati e Antonio Zavadil e furono feriti altri ragazzi. I segni dei proiettili furono lasciati visibili su due lati della chiesa fino alla ristrutturazione realizzati nel 2012.
Il 6 novembre Trieste venne attraversata da altre violenze. Vennero date alle fiamme auto e motociclette della Polizia. In piazza Unità d'Italia si tentò di assaltare il palazzo della Prefettura, sede della Polizia Civile. Gli agenti reagirono sparando sulla folla, ferendo decine di persone e uccidendo Francesco Paglia, Leonardo Manzi, Saverio Montano ed Erminio Bassa.
La rivolta dei tre giorni triestini costò la vita complessivamente a sei persone - oltre allo studente Stelio Orciuolo che morirà per i postumi di una manganellata - 153 feriti (oltre 80 da arma da fuoco) e decine di arrestati.
Undici mesi dopo, nel 1954, con il memorandum di Londra il TLT venne risolto fra Zona A, assegnata all'amministrazione civile italiana, e Zona B, assegnata all'amministrazione civile jugoslava. Il passaggio dei poteri dall'amministrazione alleata a quella italiana avvenne il 25 ottobre 1954. Nel 1975 un nuovo trattato firmato a Osimo diede copertura giuridica allo status quo tra Italia e Jugoslavia.
I caduti della rivolta furono Francesco Paglia, universitario, ex aderente della Rsi; Leonardo "Nardino" Manzi, studente, esule fiumano; Saverio Montano, ex partigiano; Erminio Bassa, portuale; Antonio Zavadil, portuale; Pietro Addobbati, studente, esule dalmata. Nel 2004 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi concesse loro la medaglia d'oro alla memoria. "Animato da profonda passione e spirito patriottico – afferma la motivazione - partecipava ad una manifestazione per il ricongiungimento di Trieste al Territorio nazionale, perdendo la vita in violenti scontri di piazza. Nobile esempio di elette virtù civiche e amor patrio, spinti sino all'estremo sacrificio".