Frascati | Un primo commento sul documento sinodale
Pubblicato: Mercoledì, 18 Maggio 2022 - redazione attualitàilmamilio.it - contenuto esclusivo
di Valentino Marcon
Dopo la pubblicazione su questo giornale del mio articolo sul sinodo (LEGGI Come è finito il sinodo a Frascati?), il giorno dopo è apparso il documento conclusivo della diocesi sul sito diocesano, anche se su quest’ultimo si è apposta la data del 2 maggio e precisando in premessa che la sintesi diocesana è stata inviata in tempo utile alla CEI entro la fine di aprile scorso.
Ci è sembrata una sorta di ‘excusatio’’ non petita’, cioè non richiesta.
LEGGI Diocesi di Frascati, Parrocchie insieme per il Cammino Sinodale
La diffusione della relazione sul cammino sinodale ci può pertanto offrire l’occasione per un primo commento e per qualche rilievo su un documento che comunque si presenta un po' prolisso e a volte alquanto generico e soprattutto non riesce a scavare decisamente sui problemi pastorali più urgenti e a rilevarne le cause, senza dimenticare che sarebbe stato bene che si fosse espresso qualche ‘mea culpa’ come del resto hanno fatto in altre occasioni anche alcuni papi (come Giovanni Paolo II). Ma veniamo ad un primo commento sul documento.
Anzitutto è d’uopo rendere atto alle (poche) parrocchie e a qualche gruppo associativo che, pur con tante difficoltà, hanno contribuito all’analisi e alle proposte. E’ evidente però come il lavoro e la rispondenza non è stata corale. Compete poi a quanti hanno inviato contributi, giudicare se nel documento si siano riportate effettivamente ed obiettivamente le analisi, i suggerimenti e le critiche. Qui preme solo presentare, in una prima lettura, alcuni rilievi che mi sembrano importanti.
Il primo è dato dalla positiva utilizzazione anche di questionari che in alcune parrocchie ‘meno controllate’ sono stati diffusi tra i fedeli, mentre al contrario, nella principale parrocchia di Frascati al novello parroco è stato tassativamente vietato di diffondere le quattrocento copie di un questionario già state stampate fin da febbraio. Un secondo rilievo è sul clericalismo di cui in questa diocesi parliamo ormai da anni e che finalmente lo si rileva concretamente. Ma per questo problema sarebbe urgente ricercarne le cause anche dentro molte associazioni, movimenti e confraternite che pedissequamente si muovono solo al frusciar di tonaca. Il clericalismo infatti è insito ‘dentro’ la chiesa locale, in buona parte della curia e in tutti quei fedeli(?) che sono soliti obbedir tacendo. Occorre pertanto, dentro l’associazionismo soprattutto, fare un appropriato e approfondito esame di coscienza.
Quando poi si afferma che le parrocchie sono 24 e i preti 62 (compresi i trenta ‘stranieri studenti’), ne risulterebbe una media di ‘due preti e mezzo’ circa per ciascuna parrocchia, che sarebbero più che sufficienti per un impegno pastorale coordinato, ma in tal caso vanno rimesse in discussione anche le unità pastorali (che tra l’altro, sul recente annuario diocesano, non vengono nemmeno citate!). In quanto ai preti stranieri ‘studenti’, sono giovani che hanno dei tempi ben definiti e ‘mansioni’ non sempre evidenti e si afferma pure che, per lo più, non ‘leghino’ con la popolazione. Certo se questi poveretti, restano per due o al massimo tre anni in una parrocchia con un continuo ‘ricambio’ di persone, che tipo di continuità potrebbero dare alle attività pastorali (e quali)? Senza contare che quelli più capaci e disponibili vengono decisamente… allontanati o preferiscono tornarsene al loro Paese! Mentre le incardinazioni in diocesi sono perlomeno… assenti.
Un altro rilievo da fare è senz’altro quello di una generale carenza teologica (e talvolta pastorale) del clero diocesano. E tuttavia non si può fare di tutta l’erba un fascio. Infatti, ci sono anche alcuni preti bravi e capaci (anche adulti e anziani), ma come (non) vengono ‘utilizzati’ o ‘ascoltati’? Restando sul problema del clero, mi meraviglia il fatto che non si dica assolutamente nulla sui religiosi (preti e suore). Da questo documento sembrerebbe quasi che in diocesi non esistano e quindi…niente collaborazione e corresponsabilità e tantomeno disponibilità di carismi vocazionali! I Religiosi in diocesi, lo diciamo con rammarico, vengono completamente ignorati.
E poiché nel documento si parla di clericalismo, è molto strano che nessuno abbia accennato sia pur en passant, all’’episcopismo’ (neologismo inventato da me). Una accentratrice ‘pedagogia catechistica’ riversata con una modalità a dir poco assillante e con scadenze che non tengono assolutamente conto dei ritmi dell’ordinaria e quotidiana vita della gente, si aggiunge alla monotona ripetitività di ‘slogan’, scanditi da tredici anni nei binomi, ‘fonte e culmine’, ‘dono insuperabile e incomparabile’, ‘formare i formatori’ e quant’altro. In questo senso credo che la sintesi diocesana sottolinei chiaramente che c’è una “mancata attenzione alla situazione esistenziale delle persone e, ancora di più alla specifica condizione di vita dei laici”. Da questa affermazione penso che molti abbiano compreso che questa è una prassi propria di una chiesa che si autoincensa e si organizza secondo gli ‘orari’ di un certo tipo di clero (dal vertice in giù).
Non ci si vuole dilungare poi su certe palesi contraddizioni che appaiono nel documento. Per esempio: “C’è una maggiore attenzione alle celebrazioni eucaristiche grazie al Triennio Pastorale Eucaristico che la nostra Diocesi sta vivendo e che è anche scandito dai Sussidi dell’Ufficio Liturgico Diocesano…” Ma qualche riga dopo, si smentisce questo ‘gioioso’ successo, in quanto nell’elenco delle difficoltà, si indica anche quella della “scarsa partecipazione alle celebrazioni eucaristiche percepite da molti come troppo lunghe, noiose e spesso poco coinvolgenti [che] fa perdere di vista la centralità dell’Eucarestia fonte e culmine della vita cristiana”. Boh.
Argomenti problematici quali il mondo del lavoro (precarietà, disoccupazione, giovani, immigrati, imprenditorialità, pastorale sociale…), nonché l’impegno politico e il mondo della cultura (anche per una inculturazione della fede nella società odierna), esulano completamente dal documento sinodale.
Insomma, concludendo, si vorrebbe una pastorale autentica, attuabile, concreta in cui formazione e azione siano complementari dando spazio ad una corresponsabilità di tutti secondo i carismi che vanno accolti e sostenuti senza prevaricanti indottrinamenti e senza farci credere (come è scritto nel documento, e in ciò si vede chiaramente una delle interposizioni ‘curiali’) che ‘un cammino sinodale di fatto’ è già presente nella nostra Diocesi da tanti anni”. Mi chiedo se allora non sia inutile questo ‘sinodo’ che Francesco ci ha indicato solo poco più di un anno fa? Forse che il papa è arrivato in ritardo? E il povero papa viene citato anche alla fine del documento nel quale - forse per non alimentare illusioni e speranze - si afferma che “chi si attende un cambiamento radicale della Chiesa dimentica che Dio è paziente, non ha fretta”, ecc. Ma tutti noi non ci aspettiamo certo immediati e radicali cambiamenti nella Chiesa (con la ‘C’ maiuscola), ma almeno si vorrebbe qualche modesta ma condivisa inversione di rotta nella più piccola chiesa tuscolana. Sarebbe già tanto.
Ora il documento sinodale va necessariamente commentato e approfondito, e ciò può essere realizzato solo mediante un primo convegno o una assemblea diocesana aperta (che in dodici anni non si è mai svolta in diocesi), ma non solo per categorie (‘divide et impera’!) rigorosamente, scadenzate e convocate dal vescovo, e magari pure con l’obbligo della…firma di presenza!
Alla fine ci sarà pure qualcuno che mi considererà di essere già da tempo sulla via della scomunica… magari anche trasversalmente!
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