Mario Brega e quella romanità che arrivò fino a Hollywood

Pubblicato: Sabato, 05 Marzo 2022 - redazione attualità

 

STORIE – Nasceva il 25 marzo del 1923 l'attore che recitò parti indimenticabili con Leone e Verdone

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Gli ''attori secondari'', come sono stati maldestramente definiti, hanno dato splendore e completezza al cinema italiano dell'epoca d'oro. Dal recupero dei volti e delle voci assorbite dal vivere quotidiano, infatti, si è creata la fortuna di interi film. Personaggi, questi, che sono diventati necessari al cinema più di quanto si creda. Alcuni di loro sono diventati famosi per due battute, una scena, una posa. Ma erano battute, scene e pose che riempivano il film e lo completavano rimanendo nella memoria comune.

Uno di questi personaggi, mai dimenticato, è stato Mario Brega, pseudonimo di Florestano Brega (Roma, 25 marzo 1923 – Roma, 23 luglio 1994). Era figlio di Primo, falegname ed atleta fondista di valore. Nel 1914 aveva vinto la sua prima medaglia d'oro nei 5mila metri ai campionati italiani di Milano, mentre nel 1922 fu campione italiano dei 10mila metri.

Genuino, verace, simbolo di una romanità sincera, generosa e un po' burbera, Mario non è stato in realtà una figura secondaria: al suo attivo 48 film, dal 1958 al 1991. Aveva esordito a 35 anni con una parte ne “L’uomo di paglia” (1958) di Pietro Germi, maestro dell'esaltazione della genericità. Poi partecipò con una parte più rilevante in “La Marcia su Roma” (1962) di Dino Risi. Grazie alla sua corporatura e alla sua faccia dura, Brega veniva spesso scelto per ruoli e parti dai tratti energici, come quello del cupo ergastolano in 'Detenuto in attesa di giudizio'' (1971) con Alberto Sordi. Appassionato di boxe (Robert De Niro gli regalò una sua foto in ''Toro Scatenato''), interpretò il ruolo di manager nell'episodio ''La nobile arte'' nel capolavoro  di Risi ''I mostri''. Ma è con l'amico Sergio Leone che recitò in ruoli importanti: ''Chico'' in ''Per un pugno di dollari'' (1964), ''El Niño'' in ''Per qualche dollaro in più'' (1965) e il caporale nordista Wallace in ''Il buono, il brutto, il cattivo'' (1966). Ottenne anche il ruolo di uno dei due gangster che vanno alla ricerca di Noodles (Robert De Niro), all'inizio di ''C'era una volta in America''.

A 58 anni visse una seconda giovinezza, grazie a Carlo Verdone, il quale conobbe Brega a casa di Leone durante la stesura di ''Un sacco bello''. Verdone individuò in lui il padre di Ruggero, il figlio dei fiori della comunità ''Figli dell'amore eterno''. Previsione fulminante ed epocale. Brega interpretò magistralmente la parte. In una delle scene più memorabili, accusato di essere fascista, alzando i pungi in aria, recitò il leggendario: “A me fascio? Io fascio? Io non so communista così... So communista cosìiii”. Lo fece con un tono di voce talmente esagerato, e non previsto dal copione, che Verdone decise di lasciarlo nell'opera, regalandoci un cammeo comico e surreale rimasto nella storia della commedia italiana. Brega avrà altri personaggi indimenticabili, come ''Il Principe'' camionista in ''Bianco Rosso e Verdone'' o  quella del padre manesco della fidanzata di 'Sergio Benvenuti' in ''Borotalco''.

È morto a Roma, nel quartiere Marconi, dove viveva, il 23 luglio 1994 colpito da un infarto.

Brega ha sempre dato la sensazione che non ci fosse una grande differenza tra l’attore e l’uomo. La generosità che trasmetteva nelle sue interpretazioni erano quelle del quotidiano. E i piccoli o grandi accorgimenti dei registi non hanno mai tolto l'impronta di un personaggio entrato, anche in seguito alla sua scomparsa, nell'immaginario collettivo. Profondamente romano, di una Roma che non c'è più, fu un meraviglioso caratterista di un cinema che purtroppo ha un po' perso quelle facce e quegli attori non protagonisti o caratteristi come Leopoldo Trieste, Angelo Infanti, Memmo Carotenuto, Tiberio Murgia, Carlo Pisacane, Sora Lella o Ennio Antonelli, solo per citare alcuni nomi tra i tanti, che hanno aiutato l'architettura di pellicole passate alla storia.