Quando Aldo Moro scrisse a Enrico Mattei di dimettersi dall’Eni: la lettera ritrovata nell’archivio storico di Castel Gandolfo
Pubblicato: Lunedì, 13 Dicembre 2021 - Federico SmacchiCASTEL GANDOLFO (attualità) - Il segretario della DC chiese al visionario presidente di rinunciare al suo incarico ad appena un mese dall’attentato in cui perse la vita nel 1962
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“Un sacrificio che il partito ti chiede”, così scriveva Aldo Moro in una lettera del 19 settembre 1962 indirizzata a Enrico Mattei chiedendogli di dimettersi dalla presidenza dell’Eni.
Una lettera che anticipò di appena un mese la tragica morte dell’imprenditore, uno dei più grandi della storia italiana, ritrovata nell’archivio storico dell’Eni a Castel Gandolfo e pubblicata sul settimanale “Il Ticino” dallo scrittore pavese Giovanni Giovannetti.
La Resistenza durante il fascismo, come figura di primo piano nei partigiani “bianchi” di estrazione cattolica, poi l’incarico di liquidare l’Agip, l’ente nazionale per l’estrazione e la lavorazione del petrolio fondato dal regime, che trasformò nell’Eni protagonista del miracolo economico italiano. Enrico Mattei è considerato una delle figure più importanti dell’Italia del dopoguerra, ma allora perché Moro gli chiese di dimettersi dalla presidenza del “cane a sei zampe”?
A cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’60, Mattei riuscì a far vacillare l’egemonia di quelle che lui stesso definì le “sette sorelle”, ovvero il cartello di multinazionali americane, inglesi e olandesi che in quegli anni gestiva e controllava il mercato del petrolio. Ci riuscì stringendo accordi più vantaggiosi per quei paesi, soprattutto mediorientali e nordafricani, in cui l’Eni andò ad estrarre il greggio.
Paesi che dopo una lunga storia coloniale videro nell’Italia la vera alternativa al superpotere dell’oligopolio anglo-olandese. Uno dei primi fu l’Egitto, dove l’Eni investì sul piano infrastrutturale creando oleodotti e raffinerie, aggiudicandosi appalti che sbaragliarono la concorrenza delle sette sorelle.
Fu l’inizio dell’ascesa dell’Italia a potenza internazionale. Un processo che passò per accordi con il nascente potere degli stati mediorientali e con l’Unione Sovietica, ma anche per la grande influenza che Mattei esercitò sulla politica interna, finanziando parlamentari e partiti in modo non sempre trasparente e divenendo una sorta di governatore ombra, capace di dettare gli indirizzi politici in patria e ottenendo contestualmente piena autonomia negli accordi internazionali stretti in nome del suo paese.
Fu così che si andò a creare uno scenario geopolitico controverso, al pari del suo principale artefice. L’Italia, sulla carta fedele alleata delle potenze occidentali, nella politica internazionale, praticamente dettata dalla linea Mattei, dimostrava l’esatto contrario. A cambiare nuovamente le carte in tavola ci fu la linea politica e i successivi accordi avviati con l’elezione negli Stati Uniti di J.F. Kennedy, eletto meno di due anni prima della tragica morte di Mattei.
Kennedy, per contrastare il potere della Russia, fece si che l’Eni potesse stipulare accordi migliori con quelle società americane facenti parte delle sette sorelle. Accordi che avrebbero reso Mattei ancora più potente e influente sia all’estero che in patria, ma che non riuscì a ratificare a causa del tragico attentato del 1962 in cui perse la vita, quando il suo aereo privato cadde a Bascapè (Pavia).
Inizialmente etichettato come un misterioso incidente, indagini condotte a trent’anni di distanza confermarono invece l’ipotesi dell’attentato, nonostante i responsabili non furono mai trovati. Le voci più accreditate indicarono l’Oas, organizzazione terroristica francese di estrema destra, come mandante. Un delitto che secondo questa teoria sarebbe avvenuto a causa degli accordi stretti dall’Eni con l’Algeria, sulla quale la Francia stava disperatamente cercando di mantenere il controllo politico.
Tuttavia la teoria non fu mai confermata, e quella lettera inedita scritta da Aldo Moro e pubblicata pochi giorni fa non ha contribuito a sciogliere il mistero, anzi. “La tua rinuncia – scriveva Moro – contribuisce a consolidare una situazione assai fragile e spegne una polemica astiosa”.
Sta di fatto che con la morte di Mattei l’Eni cambiò totalmente volto, sotto la guida del successore Eugenio Cefis. Gli accordi con l’Algeria indipendentista non presero il volo e l’indipendenza energetica dell’Italia, il grande sogno di Mattei, si allontanò. Una polemica, quella a cui si riferì Aldo Moro, che guardava proprio al contorto ruolo politico di Mattei all’estero, soprattutto con le forze del blocco comunista, e alle ripercussioni che questo aveva nello scenario politico italiano di quegli anni.
Uno scenario instabile, che culminò pochi anni dopo con l’inizio di un periodo buio della storia italiana, quello degli anni di piombo. Un periodo cominciato indicativamente con la strage di piazza fontana, il cui anniversario cade proprio in questi giorni, il 12 dicembre.