7 Dicembre 1852: i ‘Martiri di Belfiore’, un importante capitolo di storia risorgimentale
Pubblicato: Martedì, 07 Dicembre 2021 - Fabrizio Giusti
ACCADDE OGGI - Le condanne a morte eseguite sui seguaci di Giuseppe Mazzini sotto il dominio austriaco: un capitolo della nostra storia nazionale
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Il 7 Dicembre del 1852, a seguito di un processo che coinvolse 110 persone, vengono giustiziati il sacerdote Enrico Tazzoli, Angelo Scarsellini, Bernardo de Canal, Giovanni Zambelli e Carlo Poma, tutti seguaci di Giuseppe Mazzini.
Sono alcuni degli 11 condannati per attività sovversiva e impiccati tra il 1852 e il 1855 nel Forte di Belfiore a Mantova. Passeranno alla storia come i “Martiri di Belfiore”.
Le sentenze rappresentarono il culmine della repressione austriaca seguita alla Prima guerra d'indipendenza. Mantova era infatti parte della Casa d'Asburgo d'Austria dal 1707. Capitale di un piccolo ducato, governato dai Gonzaga per quattro secoli, la città presentava per gli occupanti dei vantaggi militari: la qualità delle fortificazioni, la posizione geografica che consentiva di controllare il passaggio dal Veneto alla Lombardia con numerosi passaggi sul Po.
Era una città sostanzialmente militarizzata che ospitava, nel castello di San Giorgio, un carcere di massima sicurezza per patrioti lombardi e veneti, incarcerati per la loro opposizione all'occupazione austriaca.
L'atteggiamento del governo austriaco si acuì dopo la sconfitta delle forze militari messe in campo di Carlo Alberto, che comandava l'esercito 'sardo' e tle ruppe formate da volontari lombardi, veneti e di altre regioni italiane. In un solo anno, dall'agosto del 1848 all'agosto del 1849, vennero eseguite 961 impiccagioni e fucilazioni, comminate oltre 4mila condanne al carcere, imposti pesanti tributi e imposte straordinarie alle popolazioni locali. La politica repressiva era operata direttamente dal Feldmaresciallo Radetzky, governatore generale.
All’inizio degli anni cinquanta si era costituto un comitato rivoluzionario ispirato da don Enrico Tazzoli, un prelato vicino al movimento mazziniano. Il comitato insurrezionale mantovano stampava proclami e raccoglieva denaro vendendo ‘cartelle del prestito interprovinciale’, organizzate dallo stesso Mazzini per finanziare iniziative politiche. Tali attività, mesi prima, avevano portato all'arresto di Luigi Dottesio, impiccato a Venezia l'11 ottobre 1851, e alla esecuzione di don Giovanni Grioli, parroco, arrestato e condannato a morte per direttissima per l'accusa di aver tentato di indurre alla diserzione due soldati ungheresi.
La polizia austriaca, proprio per questo, aveva aumentato la vigilanza su Mantova e all’inizio del 1852 furono rinvenute una cartella di venticinque franchi del prestito mazziniano nel corso di una perquisizione in casa di Luigi Pesci, esattore comunale. Presto si arrivò anche alla figura di un sacerdote, don Ferdinando Bosio, amico di Tazzoli. Il sacerdote, arrestato a sua volta, dopo 24 giorni confessò e indicò in don Enrico Tazzoli il coordinatore del movimento.
In totale vennero arrestati 110 patrioti. La polizia sottopose buona parte dei prigionieri a tortura. Molti confessarono, altri morirono prima di parlare, uno si suicidò.
Poi giunsero le prime condanne a morte, ma la notizia non venne subito resa pubblica in modo da avere il tempo di eseguire la dismissione dallo stato clericale dei due preti condannati, Tazzoli e Giuseppe Ottonelli. I sacerdoti potevano essere giudicati unicamente dal foro ecclesiastico. Un anno prima, quando era stato condannato don Grioli, per rimarcare il proprio dissenso, il vescovo di Mantova, monsignor Giovanni Corti, aveva rifiutato il proprio assenso e così Grioli fu assassinato dal boia austriaco ancora in abito talare. In questo caso, tuttavia, gli austriaci avevano ottenuto per tempo un ordine speciale di Pio IX che aveva sconfessato il vescovo. Giuseppe Ottonelli passò davanti al consiglio di guerra austriaco, che lo condannò a morte per sovversione, spogliato delle sue funzioni sacerdotali e degradato. Tale sentenza venne poi commutata da Radetzky in quattro anni di carcere ai ferri. Fu graziato da Francesco Giuseppe, riprendendo la veste e le sue funzioni sacerdotali nel 1866.
Le condanne del 1852, nonostante le varie vicissitudini legate alla situazione tra clero e stato, e il rifiuto austriaco alla clemenza, segnarono una frattura fra la Chiesa cattolica lombarda e l'autorità imperiale.
La mattina del 7 dicembre i cinque condannati furono condotti nella valletta di Belfiore e impiccati. Nel marzo 1853 furono irrogate le ultime condanne contro i restanti ventitré cospiratori. L'ultima delle esecuzioni avvenne due anni dopo, il 4 luglio 1855, con l’esecuzione di Pietro Fortunato Calvi. Il governo austriaco vietò il seppellimento delle vittime in terra consacrata.
Dopo la seconda guerra di indipendenza, Mantova restò al Regno Lombardo-Veneto. In preparazione della terza guerra di indipendenza, il genio militare austriaco ordinò dei lavori di rafforzamento delle fortificazioni della città nella zona di Belfiore. In questa occasione, i capimastri mantovani Andreani, padre e figlio, rinvennero delle salme che identificarono come le spoglie dei martiri. Approfittando dei lavori scavo, poterono trasportare le salme in un cimitero cittadino in gran segreto.
I funerali furono così celebrati alcuni mesi dopo, appena la città di Mantova poté riunirsi al Regno d'Italia.