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MARINO (attualità) - Il prologo di Gianni Minà
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La presentazione del libro “Fidel in Equador” avviene ora, dopo alcune settimane di riposo per molti che hanno potuto staccare la spina della quotidianità. Senza, ovviamente, aver accantonato i mille problemi del nostro Paese e del mondo che sono tutt’ora qui. Prova ne è la morsa economica così come le tensioni internazionali e le minacce alla pace. Allo stesso modo la emergenza sanità a causa della pandemia è ancora sopra le teste di tutti. Anche per questo, va sottolineato come in queste settimane centinaia di medici cubani siano destinati a sollevare le sorti della sanità pubblica di una regione più debole delle altre – la Calabria -. In questo scenario, Bibliopop, attenta alle questioni sociali e alla attualità nel proprio percorso di attivo organismo di base con vocazione culturale ha colto l’occasione della presenza del docente Davide Matrone, attivo in Equador e sudamerica, per invitarlo ad un incontro sul proprio libro. Per questo giovedì primo settembre, alle ore 18.00, presso Bibliopop – nella cornice del Parco Maura Carrozza adiacente la bilioteca popolare, unitamente al fondamentale apporto dei circoli di Italia Cuba del Lazio, verrà presentato il volume che contiene il prologo di Gianni Minà.
L’autore sarà presente, e proprio al prof. Davide Matrone, Antonio Della Corte, porrà quesiti e dialogherà con lui. Il presidente di Bibliopop, Sergio Santinelli, introdurrà l’appuntamento e intanto ha dichiarato: “aspettiamo con vero piacere una buona partecipazione a questo evento che mantiene, come nostro solito, molto alta la volontà di coinvolgere non solo i soci e le iscritte ai nostri eventi, ma l’insieme dei cittadini e delle cittadine che ci conoscono. A cominciare da chi svolge analoghe iniziative per la diffusione della conoscenza e della cultura. Vi invitiamo, sotto il fresco ombreggiamento del Parco, quindi, a questa unica occasione dovuta proprio alla presenza dell’autore del testo che, appunto vive nell’emisfero sudamericano e in questo periodo è qui nel nostro Paese”. Naturalmente sarà possibile intervenire all’incontro pubblico dovei circoli di Italia Cuba e Bibliopop accoglieranno gli intevenuti, proprio nella ex chiesetta in via Mameli, incorcio via Bassi, a S. Maria delle Mole (Marino).
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- Scritto da Fabrizio Giusti
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ACCADDE OGGI - Il 27 agosto 1950 l'ultimo gesto di un grande narratore e uomo di cultura
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“Il mio paese sono quattro baracche e un gran fango, ma lo attraversa lo stradone provinciale dove giocavo da bambino. Siccome - ripeto - sono ambizioso, volevo girare per tutto il mondo e, giunto nei siti più lontani, voltarmi e dire in presenza di tutti 'Non avete mai sentito nominare quei quattro tetti? Ebbene, io vengo di là'".
Cesare Pavese aveva ben saldi, dentro di sé, i valori della terra. Le origini, per lui, volevano dire qualcosa. Nel suo incedere terreno, permeato da un disagio esistenziale profondo che lo porterà ad una scelta definitiva, non perse mai di vista questo sentimento che lo aveva formato da bambino.
Cantore della ricerca dell’autenticità del vivere, Pavese aveva tenuto sullo sfondo le natie langhe, punto di riferimento di una coscienza riflessiva e un po' schiva. Scrittore, poeta, traduttore, amico e collaboratore di Carlo Levi, Leone Ginzburg, Massimo Mila, diresse la rivista “La Cultura" tra il 1934 e il 1935, anno in cui viene arrestato per antifascismo. Condannato al confino, tornò a Torino per pubblicare, nel 1936, nel periodo di pieno consenso del regime di Mussolini, la raccolta poetica ''Lavorare stanca'' e nel 1941 ''Paesi tuoi'', il suo primo romanzo. Seguiranno ''Il compagno'', ''La casa in collina'', ''La bella estate'', ''La luna e i falò'', ultima fatica prima della scomparsa.
Personaggio complesso e diverso, anche nella lettura della realtà di quegli anni di guerre, resistenze, lotte partigiane e liberazioni. Ne ‘La casa in collina scrisse”: “Ma ho visto i morti sconosciuti, i morti repubblichini. Sono questi che mi hanno svegliato. Se un ignoto, un nemico, diventa morendo una cosa simile, se ci si arresta e si ha paura a scavalcarlo, vuol dire che anche vinto il nemico è qualcuno, che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare una voce a questo sangue, giustificare chi l'ha sparso. Guardare certi morti è umiliante. Non sono piú faccenda altrui; non ci si sente capitati sul posto per caso. Si ha l'impressione che lo stesso destino che ha messo a terra quei corpi, tenga noialtri inchiodati a vederli, a riempircene gli occhi. Non è paura, non è la solita viltà. Ci si sente umiliati perché si capisce – si tocca con gli occhi – che al posto del morto potremmo essere noi: non ci sarebbe differenza, e se viviamo lo dobbiamo al cadavere imbrattato. Per questo ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione”.
Quindi quegli appunti del 1942-43, trovati ai primi anni ’60 dello scorso secolo, in cui si palesa un Pavese persino indulgente verso Mussolini e critico verso gli antifascisti. Un passaggio controverso e ancora dibattuto, ma all'interno del quale è ardito dare giudizi definitivi o ambire ad altrettante spiegazioni, disponendo etichette ideologiche o revisioniste come qualcuno, qui e là, ama fare.
Era la colonna della Casa editrice Einaudi. Un luogo di interezza intellettuale, per lui. Ci entrava alle otto del mattino, ci usciva alle otto di sera. Era il lavoro, il rapporto con l’Italia e l'Europa letteraria, la cultura. Tradusse 'Moby Dick' di Herman Melville, scrisse un saggio su Anderson,insegnò nelle scuole pubbliche. Se Fernanda Pivano si avvicinò alla letteratura americana lo si deve a lui e ad un suo regalo fatto a quella che allora era solo una brillante studentessa. Nel 1933 tradusse 'Il 42º parallelo' di John Dos Passos e 'Ritratto dell'artista da giovane' di James Joyce. E’ stato un gigante della nostra letteratura.
Negli ultimi anni della sua esistenza piuttosto tormentata fece tappa un poco a Milano, poi tornò a Roma, dove era stato già nel 1943, tra il dicembre del 1949 e l'Epifania del 1950. La città 'caciarona' era poco consona alla sua identità di uomo. Non gli piacque. Scrisse sul suo diario: "Roma è un crocchio di giovanotti che attendono per farsi lustrare le scarpe. Passeggiata mattutina. Bel sole. Ma dove sono le impressioni del '45-'46? Ritrovato a fatica gli spunti, ma niente di nuovo. Roma tace. Né le pietre né le piante dicono più gran che. Quell'inverno stupendo; sotto il sereno frizzante, le bacche di Leucò. Solita storia. Anche il dolore, il suicidio, facevano vita, stupore, tensione. In fondo ai grandi periodi hai sempre sentito tentazioni suicide. Ti eri abbandonato. Ti eri spogliato dell'armatura. Eri ragazzo. L'idea del suicidio era una protesta di vita. Che morte non voler più morire".
Era arguto, più che allegro. Vedeva in sostanza 'con un occhio solo', come ricordava, perché pervaso da una sorta di divisione interna. Era schivo, ritroso talvolta. Ritornando a Torino conobbe l'attrice Constance Dowling, con la quale iniziò un rapporto che si interruppe quando la donna ripartì per l'America per tentare di nuovo la fortuna a Hollywood. Al suo ricordo dedicò il romanzo 'La luna e i falò': "For C. - Ripeness is all". Caduto definitivamente in quello che Giuseppe Berto identificò come il 'male oscuro', non trovò sollievo nemmeno nel 'Premio Strega' che giunse nel giugno del 1950 per 'La bella estate'.
Il 17 agosto del 1950 scrisse (il diario, pubblicato nel 1952, prenderà il nome de ''Il mestiere di vivere''): ''Questo il consuntivo dell'anno non finito, che non finirò''. Il giorno dopo aggiunge: ''Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più''. Decise di lasciare il mondo terreno il 27 agosto del 1950 in una camera dell'albergo Roma di Piazza Carlo Felice a Torino. Venne trovato disteso sul letto. Aveva ingerito più di dieci bustine di sonnifero.
Sulla prima pagina dei ''Dialoghi con Leucò'', che si trovava sul tavolino, lasciò scritto: ''Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi''. All'interno del libro, un foglietto con tre frasi: «L'uomo mortale, Leucò, non ha che questo d'immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia'', ''Ho lavorato, ho dato poesia agli uomini, ho condiviso le pene di molti'' e ''Ho cercato me stesso''. I suoi funerali furono civili, senza commemorazioni religiose. Ad un suicida e ateo non erano dovute.
Pavese fece della scrittura il sostituto integrale dell'esistenza. Nero su bianco, sentenziò: "Ho imparato a scrivere, non a vivere". Era un autore sensibile e straordinario, capace di fiutare il senso della natura più estesa e profonda nella gravità delle crisi umane del suo tempo e della storia di quegli anni.
''Ogni giorno che passa è un riandare
tutta la storia grigia della vita.
Una donna che appena mi ha parlato
mi ha messo in cuore come un gran germoglio
gonfio di gioia.
È una gioia vedere tanti rami
verdissimi nel vento e tanti fiori
prepotenti, sboccianti, è una gran gioia
perchè nel sangue pure è primavera''.
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GENZANO (eventi) - l'evento vedrà stasera sul palco il concerto orchestrale dell'Accademia degli Sfaccendati ispirato alle colonne sonore dei film più famosi.
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A Genzano si è aperta ufficialmente ieri sera alle 20 la manifestazione "Fantàsia Festival" con il "Week Ende", la tre giorni dedicata allo scrittore tedesco Michael Ende, presso il Parco Sforza Cesarini. Dopo la presentazione di ieri sera, presente il sindaco Carlo Zoccolotti, l'assessore alla cultura Giulia Briziarelli e la vice sindaco Francesca Piccarreta, l'evento vedrà stasera sul palco il concerto orchestrale dell'Accademia degli Sfaccendati ispirato alle colonne sonore dei film più famosi.
Ieri pomeriggio c'era già stata la divertente anteprima in piazza Frasconi con gli artisti di strada, per la gioia di grandi e piccini. Ieri sera molto apprezzati lo spettacolo degli artisti circensi e la proiezione del film sul mega schermo del Parco Cesarini "Jim Bottone e Lukas il Ferroviere" .
Domenica dalle 15.30 ancora iniziative con i giovani che parleranno dei romanzi e dei racconti di Michael Ende, la maggioranza scritti nella villa di Genzano, dove visse tra gli anni 80 e 90, nella zona di via Montegiove Nuovo, prendendo spunto da molti personaggi di Genzano. Sempre domenica pomeriggio, ancora spettacoli e varie iniziative con i circensi e il loro spettacolo "Il Circo in Valigia" e a seguire gli esilaranti artisti di strada, con la serata che si concluderà con l'anteprima nazionale del film di avventura " Jim Bottone e i 13 Pirati ": l'ingresso al Parco Cesarini, da piazza Dante Alighieri è gratuito per tutti.
Ieri all' inaugurazione della Kermesse sono intervenuti la direttrice artistica del Festival Romics, la genzanese Sabrina Perucca, già direttrice del Consorzio Castelli Romani, nei primi anni duemila, che organizzava il Festival dei Castelli Animati, il direttore del Consorzio di Rete e Bibliotecario Castelli Romani Giacomo Tortorici, i responsabili dell'Associazione Culturale il Consorzio, stretti collaboratori per la manifestazione culturale, l'amico e profondo conoscitore di Michael Ende ed i suoi scritti Bruno Romagnoli , ex amministratore pubblico genzanese, uomo di cultura, che collabora all'iniziativa, il preside del Liceo Ariccia James Joyce Roberto Scialis, l'assessore lanuvino Simone Santilli , l'agente letterario e scrittore tedesco Roman Hocke e altri esperti letterari, scrittori, amici e profondi conoscitori dello scrittore tedesco, che ne hanno esaltato le gesta e fatto un accurato ricordo .
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