ACCADDE OGGI - Il 16 Novembre del 1892 nasceva a Castel d'Orio il campione dei motori che segnò un'epoca
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Un maglione giallo e un gilet di pelle marrone, i pantaloni azzurri. Al fianco, il suo volante preferito.
Tazio Nuvolari fu sepolto così, con gli indumenti che indossava scaramanticamente in gara. Quando morì, l'11 agosto del 1953, non aveva annunciato formalmente il suo ritiro, anche se la salute lo aveva abbandonato da qualche anno.
Nel 1952 era stato colpito da un ictus che lo aveva semi-paralizzato. Tutta la città di Mantova partecipò ai suoi funerali. Un corteo funebre lunghissimo accompagnò la sua bara, messa su un telaio di macchina scortato da Alberto Ascari, Luigi Villoresi e Juan Manuel Fangio.
Terminò così l’esistenza terrena, iniziò la leggenda. Una leggenda iniziata da bambino, quando fu lo zio che lo iniziò ai motori facendogli guidare le sue motociclette.
Nuvolari stesso raccontò che all'età di 8 anni, nel cortile della fattoria di famiglia, si avvicinò a un cavallo che lo colpì con un calcio, ma senza conseguenze. Il padre, per spronarlo a vincere la paura, lanciò tra gli zoccoli del cavallo una moneta d'oro: ‘Se vuoi, prenditela”. Tazio si fece coraggio e riuscì a raccogliere la moneta. “Quel giorno – commentò in seguito - smisi di aver paura delle cose e della paura stessa”.
Durante la prima guerra mondiale fu impiegato come autiere nel Servizio Automobilistico dell'Esercito, in forza alla sezione Sanità della 22ª Divisione, inquadrata nella "invitta" Terza Armata agli ordini del Duca d'Aosta. Poi iniziò gradualmente la sua avventura sui circuiti.
Nuvolari è stato un mito vero, un personaggio unico, interpretava la pista come una sfida con gli altri e con sé stesso, portandosi ai limiti del possibile, ma anche creando una nuova filosofia di corsa, creativa e determinata, che costruì in lui una leggenda vivente, con tanto di aneddoti e gare memorabili. A lui, ad esempio, è attribuita la nascita della ''sbandata controllata''.
Affrontava le curve con un secco colpo di sterzo, facendo slittare le ruote posteriori verso l'esterno, poi controsterzava e schiacciava l'acceleratore a tavoletta, usciva quindi di curva con la macchina già rivolta verso il rettilineo e in piena accelerazione, con una velocità irrecuperabile per gli altri. Una tecnica usata attualmente ancora da rallisti, ma che all'epoca era assolutamente rivoluzionaria.
Motociclette o auto per Nuvolari avevano lo stesso cuore e un'anima da domare ed amare. Nel 1924, sul circuito del Tigullio, uscì spesso di pista fermandosi a picco sul mare. A pochi chilometri dall'arrivo, una ruota gli si staccò e la sua Bianchi finì in un fosso. Dopo aver chiesto aiuto agli spettatori, rimise la macchina assieme in modo precario e ripartì, vincendo la gara su un'auto praticamente montata sui cerchioni e senza seggiolino di guida, né volante, sostituito con una chiave inglese. Eventi indimenticabili, come quando nel 1930 vinse la Mille Miglia davanti ad Achille Varzi, superandolo durante la notte, poco prima dell'alba. L'espediente fu in quel caso geniale: per superarlo a sorpresa, spense i fari e proseguì per lunghi tratti del percorso al buio, seguendo le luci di coda di Varzi e partendo all'attacco nel momento più propizio.
Lucio Dalla, artista poliedrico e sensibile, non a caso gli dedicò una delle sue canzoni più famose. Un inno alla gioia e alla dinamicità, valori che contraddistinsero la forza di questo grande corridore italiano. ''Nuvolari è basso di statura, Nuvolari è al di sotto del normale, Nuvolari ha cinquanta chili d'ossa Nuvolari ha un corpo eccezionale, Nuvolari ha le mani come artigli, Nuvolari ha un talismano contro i mali, Il suo sguardo è di un falco per i figli, i suoi muscoli sono muscoli eccezionali''.
Sulla tomba del mito è incisa oggi una frase che è segno di immortalità: ''Correrai ancor più veloce per le vie del cielo''.