Alberi e boschi (anche urbani) contro i cambiamenti climatici. Ma i Comuni se ne fregano
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L'estate 2024 è destinata a passare alla storia non solo come l'estate più calda di sempre (almeno da quando si registrano in qualche modo le temperature) ma soprattutto come l'estate della definitiva consapevolezza.
Se fino a qualche tempo fa la schiera di chi considerano l'aumento delle temperature globali come un fenomeno naturale o comunque facente parte del ciclo della Terra, era nutrito ("Queste cose ci sono sempre state", dicono), ora è evidente che qualcosa si sia rotto.
E si è rotto male. Perché mai il nostro pianeta, fatta eccezione per le eruzioni di megavulcani o l'impatto di meteoriti, aveva fatto registrare un così repentino aumento delle temperature medie. Mai.
Ce ne accorgiamo con sudore in Italia dove l'evidente cambiamento climatico ha portato con sempre maggior frequenza all'arrivo sulla nostra Penisola di correnti roventi africane. Lo abbiamo chiamato da qualche anno "caldo anomalo" in realtà ormai è aumento del caldo strutturato. Non è più anomalo, è decisamente consolidato.
La questione non riguarda certamente il pianeta, che se ne continua ad andare serenamente a spasso per il Sistema solare come sempre e che, alle brutte, subirà un cambiamento dell'inclinazione del suo asse o, al limite e come evenienza estrema, un cambio anche della sua orbita. E' già accaduto e riaccadrà. Il problema non è neanche per la Natura nella sua essenza: piante ed animali, come sempre fatto in questi ultimi 4 miliardi di anni, si adegueranno alle mutate condizioni. Il problema è tutto dell'uomo, che ha semplicemente distrutto il suo habitat.
Per anni ci hanno spiegato che ognuno di noi poteva fare la propria parte per dare una mano al pianeta. In realtà la mano ce la siamo data in faccia ed ora è tardi.
Ancora nel nostro piccolo, se il cambiamento climatico è una realtà e non più una possibilità, detto che in merito alle grandi dinamiche mondiali (carestie, guerre, assetti politici, aumento della popolazione, tutti fattori che impattano in maniera devastante sul clima) c'è ben poco che si possa fare, la lunga premessa di cui sopra conduce direttamente alle Amministrazioni locali.
Che certo poco possono in ambito globale, ma che soprattutto alle nostre latitudini molto potrebbero per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.
Quello che occorre è una reale e massiccia "cura verde" che porti ad una rapida programmazione di migliaia di piantumazioni di nuovi alberi in particolare nelle aree degradate, in quelle dove c'è spazio.
Ed invece a dominare è una politica di "consumo del suolo" da far paura. Tanto per fare un esempio, a Frascati è pienamente al lavoro un grande cantiere edile nella zona di Cisternole che ha sottratto (certamente con la legittimità legale di tutte le autorizzazioni del caso) centinaia di ulivi. E si tratta solo dell'ultimo caso. In questi ultimi 20 anni Frascati ha cementificato (tutto legittimamente e con le carte giuste) quasi per intero le sue ormai ex campagne. Bizzarro il caso poi di via Livio Gratton, strada realizzata nel 2005-2006 come "bretella" di alleggerimento del traffico. Ben presto ci si rese conto (come era evidente sin in fase di presentazione) che la strada era invece destinata a diventare via di accesso e di sbocco alle centinaia di abitazioni che sono state realizzate.
Ma gli alberi?
Certamente non meglio se la passano gli altri. Lo stesso valga per esempio per il Pratone a Grottaferrata dove si continua a costruire ed anzi per dare fiato al quartiere ora bisogna realizzare anche un'altra strada, con ulteriore consumo di territorio. Ma, come detto, ogni comune ha ed ha avuto la propria zona di espansione edilizia, concentrata o diffusa sul territorio.
Eppure ormai un paio di anni fa proprio da Grottaferrata arrivò uno dei pochi segnali positivi allorquando l'Amministrazione decise di piantare un albero per ogni bambino nato nell'anno precedente. Di nuovi alberi ne furono messi a dimora circa 120 ed una iniziativa di piantumazione simile arrivò nell'anno successivo.
Ma si tratta di iniziative singole, di eccezioni, che comunque non sono sufficienti per rimpiazzare gli alberi abbattuti: per esigenze edilizie (soprattutto), per malattia. O per vezzo o fastidio.
Quello di cui c'è urgente bisogno è una vera invasione di alberi che possano dare respiro alle nostre città. Via le auto dai centri cittadini, con realizzazione di capienti parcheggi multipiano (all'estero se ne realizzano anche dentro edifici storici...), e spazio a boschi urbani e nuove aree verdi.
Ve la immaginate piazza Marconi a Frascati con un giardino com'era sino al 1910? O Grottaferrata con un bosco urbano al posto del piazzale San Nilo (la Fiera si può benissimo fare altrove, magari dandole anche un senso)? O piazza Pia ad Albano Laziale trasformata in boschetto urbano?
Spazio alla fantasia ed al compito che ogni buon amministratore dovrebbe assolvere: servire i propri concittadini e guardare al futuro. Che ci presenta sfide fino a 40 anni fa impensabili.