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- Scritto da Fabrizio Giusti
ACCADDE OGGI – Il 26 Luglio 1992 la giovane testimone di giustizia pone fine ai suoi giorni, ma il suo esempio non è andato dimenticato
ilmamilio.it
Furono le donne a portare la bara al funerale di Rita Atria. Le donne che fuori dall’omertà avevano riconosciuto in lei il simbolo di una ribellione, lo scollamento dal legame criminale. Pochi giorni prima, la giovane aveva terminato la sua esistenza davanti al civico di Viale Amelia 23, a Roma, sulla Via Tuscolana. Da tempo aveva deciso da che parte stare.
Fu l'esempio, uscendo dall'identità familiare, di una speranza di riscatto e giustizia di cui abbiamo tutti bisogno per sparare in una società che sia migliore di questa in cui viviamo. Una straordinaria lezione di coraggio, la sua, che deve essere percorsa e ripercorsa affinché si affermi come indirizzo delle coscienze delle generazioni presenti e future.
Orfana di padre (appartenente di una cosca di Partanna, ucciso in un agguato da Cosa nostra) a undici anni, Rita subì sulla sua pelle l'ascesa dei corleonesi e della seconda guerra di mafia. Raccolse dal fratello Nicola, al quale si era legata, le confidenze sugli affari dell'illegalità della sua cittadina. Quando nel giugno del 1991 anche Nicola venne ucciso dalla criminalità organizzata, sua moglie, Piera Aiello, decise di collaborare con la giustizia. Rita Atria, a soli 17 anni, seguirne la stessa scelta. Il primo ad ascoltare le sue rivelazioni fu Paolo Borsellino. Le deposizioni, e quelle di altri testimoni e donne coraggiose, permisero di arrestare diversi mafiosi e di avviare un'indagine su Vincenzino Culicchia, per trent'anni sindaco di Partanna. Poi arrivò il tempo delle stragi, delle autostrade capovolte, delle guardie del corpo smembrate, dei giudici assassinati. Toccò la stessa sorte anche a Paolo Borsellino, il 19 Luglio 1992. Una settimana dopo, pervasa dalle angosce di quella Magistratura antimafia che sembrava irrimediabilmente sconfitta, Rita si uccise a Roma, dove viveva in segreto, lanciandosi dal settimo piano di un palazzo.
Una ragazza che rinunciò a tutto, Rita. Inseguì un ideale di giustizia, ribellandosi alle leggi più infami della sua terra. Con la sua ritrovata coscienza civile fece germogliare una rosa di libertà che ancor oggi sopravvive nei cuori di chi la ricorda e di chi, come tanti ragazzi siciliani che oggi in lei vedono un riferimento morale, non si è arreso mai al ‘puzzo del compromesso’ con l’illegalità.
“Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare?”. Nelle sue parole, il testimone di una fiaccola che va portata avanti.
DAL FILM 'LA SICILIANA RIBELLE', DI MARCO AMENTA
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