ROMA (attualità) - Il responsabile del marketing della società di elettronica, Alessandro Zucchini, racconta i retroscena di un accordo che non è solo commerciale. "Una prima scelta quasi obbligata"

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Una storia nella storia, un marchio "epico": un marchio che torna, stabilmente, su una maglia a sua volta leggendaria. Davvero. Tra SS Lazio e Sèleco è stato "ri-amore" a prima vista. Un amore 2.0: da quel 30 aprile scorso e fino alla fine della stagione 2017-18 sulle casacche biancocelesti la storica ditta friulana, rilevata nello scorso autunno da una nuova proprietà, lega il suo nome a quello della Lazio. Per 4 milioni di euro e con opzione sulla stagione successiva.

UN PASSO INDIETRO - Il marchio Sèleco (pur senza l'accento che oggi invece è stato inserito anche sulle maglie) compare per la prima volta nel campionato 1982-83. La Lazio, che fino a quel momento aveva vestito la sola "Tonini", debutta con la maglia-bandiera in un campionato di serie B destinato a passare - per molte cose - alla storia della società biancoceleste. In campo si rivedono, grazie all'amnistia post Mundial, Giordano, Manfredonia e Cacciatori. Sèleco e Lazio si vedono per la prima volta in una gara ufficiale il 18 agosto 1982: la squadra di Clagluna batte 3-2 il Perugia in coppa Italia con una prepotente rimonta firmata da Giordano, De Nadai e Podavini.

Per il debutto in campionato bisogna attendere il 12 settembre: 0-0 col Campobasso. A giugno mentre la Roma festeggia lo Scudetto, i biancocelesti chiudono al secondo posto dietro il Milan (2-2 a Cava dei Tirreni dopo la decisiva vittoria interna contro il Catania) e tornano in A.

La stagione 1983-84 segna due nuovi cambi: la maglia-bandiera lascia il posto ad una casacca in tutto e per tutto simile a quella scelta anche per la stagione 2017-18 dalla Lazio, sul petto c'è ancora Sèleco (con aquila stilizzata miniaturizzata e racchiusa in uno scudo esagonale, foto qui a fianco tratta da www.laziowiki.org) e, soprattutto, in cabina di comando arriva Giorgio Chinaglia. La stagione è tormentata, sofferta ma la Lazio si salva all'ultima giornata chiudendo 2-2 in casa del Pisa, a 25 punti come il Genoa che però retrocede per gli scontri diretti sfavorevoli. L'anno successivo, senza Sèleco, è un disastro.

REWIND THE FUTURE - "Alla Lazio abbiamo pensato da subito una volta rilevato il marchio: l'idea di poter creare, come 35 anni fa, un'accoppiata tra le due realtà ci ha affascinato ed il progetto è piaciuto a tutti", dice il direttore marketing di Sèleco Alessandro Zucchini. "Quello con la Lazio per la società friulana di Pordenone fu un matrimonio particolarmente fortunato perché arrivava in un momento in cui era stato toccato il vertice della parabola col 13% del mercato in mano".

"Il momento in cui le due società si sono oggi incontrate nuovamente è perfetto e fortunato: credo anzi che sia destino che il marchio Sèleco in questa fase storica finisca sulle maglie della Lazio", dice ancora Zucchini, nella foto qui accanto insieme a Marco Parolo ed alla nuova maglia presentata qualche giorno fa.

"Un connubio perfetto che comunque legittima una scelta di marketing forte e coraggiosa. Oggi Sèleco è un brand che punta ad una fascia di mercato dei televisori medio-alta, per tornare ad avere una quota di mercato importante in Italia e in futuro anche in altri Paesi europei. Nei prossimi mesi si aprirà inoltre alla commercializzazione di piccoli elettrodomestici, grazie al marchio Sèleco Home, e a prodotti di largo consumo destinati ad un pubblico giovane come cuffie e cellulari, grazie ad un altro brand della famiglia Sèleco Easy Life".

L'incontro con la Lazio, ad inizio 2017, è stato come un colpo di fulmine. "Ci abbiamo lavorato e pensato un paio di mesi, l'ipotesi era apparsa a tutti affascinante da subito. Poi siamo partiti: abbiamo iniziato a proiettare all'Olimpico il filmato del claim che avevamo scelto, appunto "rewind the future" e l'accordo è stato la naturale conseguenza". "Abbiamo scelto identico font ed identico colore degli anni '80, anche sul piano cromatico e grafico il connubio è perfetto".

Sulle maglie della Lazio il marchio Sèleco è tornato ufficialmente nel fortunato derby del 30 aprile: 1-3 per i biancocelesti (Keita, Basta, Keita) ed anche per le stelle è un matrimonio che s'è dovuto fare per forza.

"Credo che l'accordo abbia accontentato tutte le parti ed anche la tifoseria laziale è stata entusiasta. Il marchio Sèleco - spiega ancora il direttore del marketing - è legato ad un momento particolare della storia biancoceleste, ad anni difficili ma allo stesso tempo esaltanti". Anni di rinascita, di speranze, cocenti delusioni e chiusi poi da quella folle avventura del -9 e del successivo definitivo ritorno in A (LEGGI l'articolo).

"Col ritorno sulle maglie della Lazio Sèleco ha avviato un'operazione di espansione che non passa solo per il calcio: nel basket nei mesi scorsi è arrivato l'accordo con la Cuore Napoli Basket (altra operazione amarcord, ndr) e siamo impegnati anche nel sociale con la Fondazione Ronald Mc Donald's". "La società è pronta ad aggredire il mercato della tecnologia: stiamo partendo con 30mila televisori, ad iniziare da prodotti entry-level della linea Sèleco easy life, fino ad arrivare alle ambizioni serie 800 e 900. Un sistema a filiera corta che mira alla grande distribuzione organizzata (GDO) e per le serie di prestigio la grande distribuzione specializzata (GDS)".

 

CITTA' METROPOLITANA - Causati sopratutto da roghi di sterpaglia e vegetazione

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Ancora fiamme. A Roma e in provincia. Sono oltre 90 gli interventi effettuati finora dai vigili del fuoco di cui circa il 90 per cento per incendi di sterpaglie e vegetazione. Dalla prima mattina focolai in via Flaminia, in provincia a Monterotondo, a ridosso del campo nomadi La Barbuta, in via Laerte altezza svincolo Grande Raccordo Anulare Casilina e Roma-Napoli.

Vari focolai anche in via Ardeatina e via Porta Medaglia, altezza GRA, e via Salaria. Un'altra giornata decisamente impegnativa, in una stagione estiva inizia nel peggiore dei modi con un incremento degli episodi di oltre il 300%.

ROMA - Le misure volte alla inclusione sociale, economica ed abitativa sulla base delle direttive europee in materia, della Strategia Nazionale e del ‘Piano di indirizzo di Roma Capitale per l’inclusione delle popolazioni Rom, Sinti e Caminanti’ approvato dalla giunta Raggi lo scorso 26 maggio

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Al via il bando per l’affidamento delle procedure finalizzate alla chiusura dei campi La Barbuta e Monachina. L’oggetto dell’appalto, diviso in due lotti, risiede nella progettazione e nella realizzazione di percorsi di autonomia per il superamento dei due insediamenti.

Verranno quindi previste misure volte al raggiungimento della progressiva inclusione sociale, economica ed abitativa degli abitanti sulla base delle direttive europee in materia, della Strategia Nazionale e del ‘Piano di indirizzo di Roma Capitale per l’inclusione delle popolazioni Rom, Sinti e Caminanti’ approvato dalla giunta capitolina lo scorso 26 maggio. L’impegno di spesa ammonta a 2,268 milioni di euro: 1,570 milioni di euro per La Barbuta e 698mila euro per Monachina. Ulteriori 1,530 milioni verranno utilizzati dal Dipartimento Politiche Sociali, Sussidiarietà e Salute per favorire progetti di inclusione abitativa e lavorativa destinati esclusivamente a nuclei familiari in condizioni di fragilità, per un periodo non superiore a due anni.

Per usufruire delle misure di sostegno all’inclusione i nuclei familiari dovranno sottoscrivere il Patto di Responsabilità, basato sull’adempimento di precisi obblighi. Grazie alla collaborazione con la Guardia di Finanza verranno effettuate verifiche reddituali e patrimoniali su tutte le famiglie, che consentiranno di supportare esclusivamente le reali situazioni di bisogno.

Non potranno essere beneficiari delle misure coloro che:
– risultino titolari di diritti di proprietà, superficie, usufrutto di beni immobili in Italia o all’estero, riferiti a tutte le tabelle delle categorie catastali;
– risultino assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica destinati all’assistenza abitativa
-abbiano la titolarità e/o il possesso di beni mobili di lusso;
-abbiano la titolarità di conti correnti, depositi bancari, titoli ed altri componenti del patrimonio mobiliare per un valore pari o superiore a 10mila euro
-abbiano sottoscritto il Patto di Responsabilità con Roma Capitale e, successivamente, ne abbiano violato gli obblighi;
-abbiano sottoscritto il Patto fornendo dichiarazioni mendaci.

Nel complesso vengono quindi messi a disposizione, per il superamento di La Barbuta e Monachina, 3,8 milioni di euro. Si tratta di risorse finanziarie utilizzate tramite i Pon Metro 2014-2020 ed erogate dall’Unione Europea.

Grandi le polemiche per il grande rogo che oggi si è sviluppato a "La Barbuta" e ha portato persino alla chiusura del Raccordo Anulare. Di seguito ne riportiamo alcune.

ZINGARETTI - “Basta! Ancora troppi incendi a Roma e nel Lazio, la maggior parte dolosi. Oggi brucia ancora La Barbuta, superato ogni limite. Non è un caso, spesso è criminalità, pieno sostegno alle Forze dell’Ordine per fermare i responsabili e un grazie ai volontari, a Vigili del Fuoco e alla Protezione Civile che ogni giorno combattono questa emergenza”. 

Lo scrive su Facebook il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.

GHERA - “Ennesimo incendio nei campi rom, oggi a La Barbuta insediamento ben noto alle Forze dell’Ordine e alla Polizia Locale che più volte sono dovuti intervenire all’interno del villaggio anche per fatti connessi a rapine e reati. Grazie ai Vigili del Fuoco è stato possibile spegnere il violento rogo, dove incendio e fumo nero hanno invaso addirittura il Grande Raccordo Anulare creando grande disagi alla circolazione. I grillini non hanno ancora chiuso i campi rom ma nel frattempo hanno già pensato come spendere 3,8 milioni di euro di fondi europei: regalare case e buono affitto ai nomadi alla faccia delle famiglie romane senza un tetto”.

E’ quanto dichiara in una nota Fabrizio Ghera, capogruppo di Fdi-An in Campidoglio.

CATINI - “Il piano per la chiusura dei campi rom sta provocando numerosi malumori. Il motivo è semplice: si mette fine a un meccanismo che, per anni, ha giovato a molti, sia a livello elettorale che in termini economici. E l’irritazione sta portando a diffondere cifre del tutto false. Come scritto chiaramente nel testo della delibera e nel bando, la quota massima prevista per l’inclusione lavorativa e abitativa di un nucleo familiare è di 800 euro al mese. Una somma che verrà erogata soltanto alle famiglie più numerose e in condizioni di estrema fragilità.
Tutto ciò avverrà al termine di un percorso ben definito, che prevede l’analisi reddituale e patrimoniale di tutte le famiglie, grazie alla collaborazione tra l’amministrazione e la Guardia di Finanza. Soltanto chi ne avrà diritto potrà poi sottoscrivere il Patto di Responsabilità, ancorato al rispetto di precisi doveri.

Nel complesso i fondi a disposizione per smantellare La Barbuta e Monachina sono 3,8 milioni. Si tratta di soldi erogati dall’Unione Europea a destinazione vincolata: non potrebbero essere spesi per altri scopi. E produrranno un effetto moltiplicatore: la chiusura dei campi garantirà enormi risparmi, che saranno utilizzati per migliorare i servizi della città. Per esempio non ci saranno più allacci abusivi alle utenze, non verrà più speso un euro per mantenere i campi e per domare i roghi prodotti in quelle aree. Perché, nel frattempo, procederanno le operazioni per chiudere anche gli altri 7 campi censiti. Le circa 4.500 persone che abitano in questi insediamenti usciranno dall’illegalità, pagheranno le tasse, dovranno trovarsi un lavoro, i bambini saranno obbligati ad andare a scuola.

Sono emblematiche le dichiarazioni degli esponenti di Fratelli d’Italia: durante l’amministrazione Alemanno hanno riempito i campi di finanziamenti pubblici, sottraendo soldi ai cittadini e ingrassando Mafia Capitale. Noi, invece, chiudiamo questi autentici ghetti e ripristiniamo la legalità. Non ci saranno più trattamenti speciali e alcuna forma di assistenzialismo. L’inversione di marcia è radicale; valorizziamo i fondi europei per mettere fine agli sprechi e investire i risparmi a beneficio dei cittadini di Roma.”.

Lo dichiara, in una nota stampa, Agnese Catini (M5S), Presidente della Commissione Politiche sociali di Roma Capitale.

 

 

ROMA – L’accusa contestata è omicidio preterintenzionale, calunnia, falso. La sorella Ilaria: “Nascosti dietro la divisa”

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Sono stati rinviati a giudizio i cinque carabinieri coinvolti nell’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi, il trentenne deceduto una settimana dopo il suo arresto, nell’ospedale Pertini, nell’ottobre del 2009. Per i tre militari che lo arrestarono, l’accusa contestata è quella di omicidio preterintenzionale, mentre altri due appartenenti all’Arma sono accusati di calunnia e falso.

Il processo inizierà il prossimo 13 ottobre davanti alla terza Corte d’Assise, nell’aula bunker di Rebibbia.

“Finalmente i responsabili della morte dei mio fratello, le stesse persone che per otto anni si sono nascoste dietro la loro divisa, andranno a giudizio e saranno chiamate a rispondere delle loro responsabilità”. Così Ilaria Cucchi, sorella della vittima, ha commentato quanto disposto dal gup Cinzia Parasporo.


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